Narciso Mostarda è direttore generale della Asl Roma 6, che ha un territorio di competenza molto vasto: dai Castelli Romani fino al litorale, ad Anzio e Nettuno. Ciociaro doc, anche lui è in prima linea nella lotta alla pandemia generata dal Coronavirus. Alla Asl di Frosinone Narciso Mostarda ha lavorato per anni, ricoprendo ruoli dirigenziali di primo piano. Tra i quali quello di direttore sociosanitario. È stato anche consigliere comunale nel capoluogo.

Allora Mostarda, si combatte una guerra?
«Esattamente. Non eravamo preparati: l'impatto sanitario è stato durissimo, quello emotivo ancora di più. Noi abbiamo soprattutto ospedali che si stanno occupando di tutti gli altri malati.
Diamo un supporto enorme, specialmente per quanto riguarda la terapia intensiva. Anche se l'ospedale più grande dei Castelli è in trasformazione. Ci sono già 26 posti letto dedicati ai pazienti Covid-19, domani (ndr: oggi per chi legge) ne saranno attivati altri 20. E poi 20 anche venerdì»

I tamponi a tappeto al personale sanitario servono?
«Il dibattito è aperto. Io sono tra i contrari. Un esempio: facciamo il tampone ai medici e agli infermieri di una struttura e tutti escono negativi. Ma dovranno continuare a stare in prima linea. Che facciamo, ripetiamo l'operazione ogni sei giorni? Resterebbero comunque i più esposti».

E i dispositivi di protezione individuale?
«C'è carenza e questo è un problema. Perché se gli operatori sanitari si infettano la situazione precipita. Ma questo è un tema che deve risolvere la Protezione civile».

C'è chi parla di rivincita della sanità pubblica.
«Quando il gioco si fa duro, gli operatori della sanità pubblica ci sono sempre.
E questo la gente lo percepisce».

È stato un errore chiudere i piccoli ospedali?
«No. Concentrare professionalità, risorse e macchinari in grandi hub va nella direzione della sanità del terzo millennio».

Sta seguendo la situazione in provincia di Frosinone?
«Certo. La Asl di Frosinone sta mostrando un grande vigore e può contare su un'unità operativa di Malattie infettive che definirei "storica". Un'unità operativa che ha in carico dall'inizio pazienti Covid-19. Anche casi complessi. Inoltre, la riorganizzazione di terapia intensiva è stata eccezionale. L'orgoglio ciociaro si vede».

Lei è una psichiatra. Che impatto psicologico avrà questa pandemia?
«Molti bimbi disegnano il Coronavirus come un grande mostro di fuoco. È indicativo.
I contraccolpi più pesanti li avranno gli adolescenti, privati della possibilità stessa di avere contatti. In questo modo viene spenta la creatività. Temo molti fenomeni di depressione.
Gli adulti e gli anziani stanno soffrendo tantissimo. Combattiamo contro un nemico invisibile: questo ha effetti enormi anche sul piano psicologico. Perché di una cosa dobbiamo essere consapevoli. Esisterà un prima Coronavirus e un dopo Coronavirus. Ad ogni livello: sanitario, economico, sociale, politico».

Basta tagli alla sanità però.
«Da questa esperienza terribile deve venire fuori il coraggio della politica di aumentare le risorse per la sanità. Investendo nella qualità oltre che nella quantità. Nel Lazio in questo momento abbiamo riscoperto uno spirito di squadra eccezionale sul piano sanitario. Di fronte ad una paura globale come questa dobbiamo essere capaci di vincere ora e di programmare domani. Perché le pandemie di questo tipo aumenteranno. La svolta ci sarà quando riusciremo a fare bene tutti i giorni quello che ora stiamo fronteggiando nell'emergenza».