Il nuovo Coronavirus sta dilagando anche in Inghilterra dove il premier Johnson, dopo aver minimizzato il problema, è stato costretto a tornare sui suoi passi e a consigliare agli inglesi di evitare i contatti, di rinunciare agli spostamenti non necessari e di lavorare da casa quando possibile. Nelle ultime ore, in Inghilterra si sono registrati 171 nuovi contagi, portando il totale a 1.543, di cui almeno 40 decessi. È per questo che il premier britannico, in una conferenza stampa, ha annunciato alla popolazione: «Ora è il momento per tutti di evitare i contatti non essenziali e di fermare tutti i viaggi non indispensabili. Da ora dovete evitare pub, teatri, club e altri luoghi di ritrovo».

Ha poi aggiunto che chi può deve iniziare a lavorare da casa, e chi è stato a contatto con un malato deve autoisolarsi per 14 giorni. La chiusura delle scuole non è ancora scattata, ma "non è esclusa", come ha chiarito il consulente che ha accompagnato Johnson in conferenza stampa, Sir Patrick Vallance. Non ci sarà nessuna ordinanza né misura penale per far seguire tali indicazioni, ma si tratta di una «forte raccomandazione» delle autorità, ha precisato il capo di Downing Street, rivolgendosi in particolare ai soggetti più vulnerabili, ultrasettantenni, donne incinte e persone con malattie pregresse.

Il Paese si sta avvicinando alla fase di «crescita rapida» della curva dei contagi, con i casi che dovrebbero raddoppiare ogni cinque giorni. Una situazione vissuta sulla propria pelle da tanti italiani e da tanti ciociari che stabilmente vivono e lavorano in Inghilterra. Tra questi Valerio Rinaldi, 44 anni, frusinate, una laurea in Economia e commercio, da dieci anni residente nel Regno Unito con una consolidata esperienza nel settore della ristorazione nel ruolo di manager e oggi titolare diuna impresa che si occupa di ristrutturazioni immobiliari.

Com'è la situazione in Gran Bretagna?
«Diciamo che è ancora relativamente stabile. Per strada non ci sono tantissime persone con le mascherine e quelle che la indossano vengono guardate con curiosità. Come se si volesse stigmatizzare la presenza del pericolo o prendere sotto gamba la situazione. In una città sovrappopolata come Londra, le persone in autobus, metro, ristoranti, ma anche per strada sono sempre a stretto contatto, e quasi quasi sembra che si vogliano conservare i ritmi normali della vita, ripeto, per esorcizzare il pericolo imminente. Anche se, a volte, si assiste a scene di isteria».

Comunque all'inizio c'era una sorta di tranquillità verso il problema Coronavirus, Johnson minimizzava, cosa è successo dopo?
«La tranquillità iniziale era giustificata dal fatto che si erano riscontrati pochi casi di Coronavirus, e che il problema fosse delle altre nazioni. C'è anche da dire che l'approccio psicologico al problema ha fatto del suo: Londra è in perenne movimento e chi vive qui sa che "chi si ferma (di lavorare) è perduto", quindi ognuno considera remota la possibilità di mettersi in autoisolamento. L'atteggiamento di Boris Johnson è stato dettato da una concatenazione di problematiche: se ci si dovesse fermare di produrre si creerebbero i presupposti per una fase iniziale di crisi economica che andrebbe a minare alla base la politica ancora da attuare del Brexit, e inoltre se si alimentasse il dramma da Coronavirus, tutte le strutture ospedaliere sarebbero invase e il sistema di salute Nhs (quello pubblico inglese, ndr) si ingolferebbe nel giro di pochi giorni.

Dopo recenti impennate dei casi di Coronavirus e, soprattutto, guardando all'esperienza di altri Stati come l'Italia, la situazione ha allarmato la popolazione che sta ritornando sulla problematica Coronavirus con più timore. La vera preoccupazione della popolazione inglese è relativa al fatto che le categorie sociali più povere si sentano messe da parte. Le comunità più indigenti vengono emarginate e al contrario i ricchi volano con jet privati fuori dalla nazione.
Anche chi svolge lavori umili come guidare Uber, taxi e servizi deliveroo, spesso con una famiglia da mantenere, vengono messi alle strette. Sembra che le persone che stanno in alto nella scala sociale non si preoccupino più di tanto di cosa possa capitare. E lo Stato, da come traspare, non interviene».

L'Italia vista da Londra e dagli inglesi come è? 
«L'Italia è stata inizialmente vista come centro del focolaio in Europa e accusata di leggerezza delle politiche applicate per limitarlo. Dopo l'azione più incisiva di contenimento della diffusione del Coronavirus invece, c'è quasi un sopravvenuto rispetto per quanto sta accadendo e quasi un voler guardare all'Italia come modello di ispirazione».

Quali sono le raccomandazioni che vengono rivolte alla popolazione inglese?
«Le uniche raccomandazioni che si sentono sono di autoisolarsi se si pensa di avere sintomi.
Si sta cercando di far evitare alla gente di chiamare i numeri di emergenza che, in realtà, consigliano comunque solo di porsi in autoisolamento fino a che la situazione migliori.
Non sono ancora state bloccate le scuole e semplicemente si sconsiglia di frequentare locali affollati».

Il sistema sanitario come sta supportando e sopportando l'assistenza?
«Il ruolo del sistema sanitario per il momento è quasi totalmente assente. Si cerca appunto di evitare che le persone ingolfino il sistema assistenziale, anche perché è già riconosciuto da tempo un periodo di crisi del sistema Nhs causato dalle decisioni prese riguardo al Brexit e alla mancanza di personale».

Anche lì c'è la rincorsa alle mascherine? E soprattutto si trovano in commercio?
«Come detto, non si vedono molte persone girare con le mascherine; le indossano di più i turisti, e sono difficili da trovare in commercio. Le classiche catene di prodotti di bellezza e parafarmacie chiamate "Boots" si limitano a dire che sono "out of stock". Le farmacie, molto meno diffuse, non hanno grandi riserve».

Di recente sei stato anche in Irlanda. Come è lì la situazione?
«Una settimana fa sono stato in Irlanda. C'è un atteggiamento più serio nei confronti del pericolo Coronavirus. Appena c'è stato il sentore di possibilità di aumento dei casi, è scattato il blocco delle scuole e l'autoisolamento. All'indomani del suggerimento da parte dello Stato di un atteggiamento più responsabile da parte delle persone, si sono visti i locali decisamente più vuoti e meno persone in giro».

Ti senti spesso con la tua famiglia di Frosinone?
«Con la mia famiglia a Frosinone mi sento anche tre o quattro volte al giorno. E con gli amici anche sto cercando di sentirmi il più spesso possibile per autosostenerci».

Cosa ti auguri che succeda a breve?
«Mi auguro che ci si muova tutti all'unisono per contenere il più possibile la diffusione del virus al fine di percorrere con sicurezza la strada verso la scoperta di un antidoto».