Coronavirus. La parola d'ordine ormai è una sola: limitare i contagi. Gli esperti lo ripetono da giorni. Contenere la diffusione del Sars-CoV-2 al momento è "la cura" più potente a disposizione del nostro Paese. Limitare il numero di casi giornalieri significa permettere al nostro sistema sanitario di gestire un flusso di ricoveri accettabile per le forze che possiamo mettere in campo, nonostante l'emergenza totale.

L'Istituto superiore di sanità ha sottolineato che le misure di distanziamento sociale emanate nell'ultimo DPCM "hanno lo scopo di evitare una grande ondata epidemica, con un picco di casi concentrato in un breve periodo di tempo iniziale che è lo scenario peggiore durante un'epidemia per la sua difficoltà di gestione". Oggi il Ministro della Salute Roberto Speranza ha dichiarato: "Risposta forte dello Stato. Voglio però essere chiaro: questo sforzo non sarà sufficiente senza l'impegno di ogni singolo cittadino a rispettare le norme che abbiamo diffuso". 

Mantenersi ad una distanza di almeno un metro gli uni dagli altri. Evitare strette di mano. Baci e abbracci. Evitare luoghi affollati e assembramenti. Dunque, per assurdo, se per poco meno di un mese si riuscisse ad evitare ogni tipo di contatto con ogni altra persona al mondo, il virus sarebbe debellato. Nessun contatto, nessuna trasmissione. Ma non tutti sembrano averlo compreso. Anzi, in pochi sembrano aver preso coscienza delle misure imposte dal Governo. A guardarsi intorno sembrerebbe esserci stato un black-out informativo. Chi non ha capito cosa?

La domanda sorge spontanea nel vedere decine e decine di persone affollarsi nei locali all'ora dell'aperitivo. I ragazzini si sono spostati dai banchi di scuola ai bar. I bambini giocano tutti insieme appassionatamente in "ludoteche" improvvisate spuntate come funghi all'indomani della notizia della chiusura delle scuole. Gli universitari popolano i luoghi della movida fino a notte fonda. E se la maggior parte delle discoteche ha annullato gli eventi in programma per il fine settimana e per la "Festa della Donna", per evitare assembramenti nel rispetto dell'ultimo decreto del governo "recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19", che si fa? Ci si ritrova nei locali che si riempiono così più di quanto non accada in genere.  E allora addio misure di distanziamento sociale. Addio metro di distanza raccomandato. E via con la stretta di mano, la pacca sulla spalla, i baci e gli abbracci del weekend. 

Non rispettare le raccomandazioni, non ridurre i contatti sociali, non limitare le uscite a quelle necessarie, non significa solo fare un danno a sé stessi, ma all'intera comunità. Nessuno è immune a questo virus ma il buon senso e soprattutto il dimenticato senso civico potrebbero fare la differenza. 

Il problema principale oggi nel nostro Paese sta proprio qui: nella responsabilità personale di ognuno di noi. Verso l'anziano che abbiamo in casa. Verso l'amico immunodepresso che combatte un cancro a suon di chemioterapie. Verso tutte le fasce più a rischio. Verso medici, infermieri e operatori sanitari che stanno fronteggiando l'emergenza. E verso noi stessi.

E' un sacrificio richiesto a tutti. In fondo si tratta di cambiare le nostre abitudini per qualche settimana. Ma forse è ben poca cosa se può servire ad evitarci di doverle cambiare per mesi, o peggio anni.