Le chiamate anonime erano divenute sempre più insistenti e moleste. A tutte le ore del giorno e della notte. Mute, a volte poco garbate. Poi erano iniziati i dispetti: immondizia sparsa a più riprese fuori dal portone della palazzina familiare. Piccoli ma costanti elementi che le avevano fatto intuire di essere ormai vittima di uno stalker.

Per questo, dopo aver sporto denuncia contro ignoti, ha piazzato una telecamera per immortalare chi non tutte le sere ma con costanza aspettava che i residenti dormissero per squarciare le buste e spargere immondizia. Il primo dubbio le è arrivato visionando le immagini di sorveglianza che erano riuscite a catturare lo stalker: ovviamente non ne aveva certezza. Ma nella sua mente si è fatta strada la paura che potesse trattarsi di un volto conosciuto.

Poi la conferma dagli inquirenti: a perseguitarla, dal marzo all'aprile del 2015, sarebbe stato proprio il fratello del marito. Ma stando a quanto riferito dalla vittima rappresentata dall'avvocato Angela Caprio i dispetti sarebbero continuati in modo ondivago fino al 2017.

Ascoltato dagli inquirenti, il cognato (un cassinate di cinquantasei anni) avrebbe raccontato che quelle chiamate mute erano in realtà dei segnali tra i due, una sorta di "codice" per vedersi. Ma il processo aperto a suo carico ha chiarito ogni cosa, smentendo la sua ricostruzione.

Nel corso del dibattimento le testimonianze avrebbero confermato le molestie nei confronti della donna e non già un rapporto tra i due, come lo stesso imputato aveva lasciato intendere per cercare di uscire fuori dalla vicenda penale.

Ricostruendo ogni passaggio di uno "stalking familiare". Il cinquantaseienne è stato condannato pochi giorni fa a una pena di cinque mesi di arresto (pena sospesa), al pagamento delle spese e al risarcimento del danno in favore della cinquantenne. Moglie di suo fratello.