Crollo del viadotto Biondi, un'udienza con il botto. La prima udienza fissata per sentire i testimoni davanti al giudice monocratico Silvia Fonte Basso nel processo a carico dell'ex dirigente dell'Urbanistica Francesco Acanfora si conclude con una dichiarazione del geologo del Comune, attualmente responsabile della protezione civile, Marco Spaziani secondo il quale il crollo si sarebbe potuto evitare rispettando le prescrizioni imposte dalla Regione ai lavori di costruzione dell'ascensore inclinato a cominciare dal posizionamento di reti protettive,passando per lo sbancamento.

Primo teste un residente della zona, Franco Fabrizi, autore anche di alcuni esposti negli anni per il pericolo frana. Questi ha ricordato che «il problema nasce da quando è iniziata la strada». Ha citato la frana dell'87, il rischio di sgombero, ma anche che, durante la realizzazione delle strade furono fatte esplodere delle mine. Ha ricordato le bonifiche sul costone, i lavori per l'ascensore inclinato che hanno «interrotto le reti che tenevano il terreno», puntando l'indice sulle infiltrazioni d'acqua. «Noi avevamo dei pozzi, mio nonno li usava per l'agricoltura». Quindi è stata la volta di Spaziani, in qualità di geologo. Ha ricordato la relazione effettuata nel 2008, su richiesta dell'allora assessore ai Lavori pubblici Sergio Paris, per gli sbancamenti ai piedi dell'ascensore inclinato. In quella relazione furono indicate delle «criticità».

Ovvero che «lo sbancamento stava creando delle microfratture» sulla roccia «che perdeva la sua caratteristica naturale». Ha mostrato delle foto, a partire dal 2005, per evidenziare che il pendio era coperto da un bosco. Poi lo sbancamento dal 2008 ha mutato le condizioni del sito. Da qui la richiesta a evitare il deterioramento della roccia. La relazione era stata inviata a tutti. Al che il pm ha chiesto chi doveva intervenire. «Chi realizzava l'opera, essendo un cantiere», la risposta del teste. Il quale ha fatto riferimento a una lettera di riscontro da Acanfora, ma soprattutto ha tenuto a specificare che «nel 2008 c'era un a criticità, nel 2011 il rischio frana. C'è stata un'evoluzione nel tempo».

Peraltro nella relazione del 2008 il versante più critico era quello a sinistra dell'ascensore, e dunque non quello franato nel 2013 che, all'epoca, non presentava segni di pericolo.
Quanto alle prescrizioni poi impartite dalla Regione Lazio il teste ha specificato, sulla base della relazione effettuata, che si trattava di «fare in modo che gli sbancamenti fossero coerenti con la situazione geomorfologica»e di posizionare delle reti di protezione. Proprio sulle prescrizioni imposte al cantiere dell'ascensore inclinato ha a lungo insistito la difesa di Acanfora, rappresentata dagli avvocati Antonino e Calogero Nobile. E il teste ha precisato: «Prima dell'inizio dei lavori il versante a destra (dell'ascensore inclinato, ndr) non dava nessun problema». Ma «dopo gli sbancamenti, la parte bassa ha dato problemi».

La difesa ha chiesto se, nonostante le criticità, l'opera si sarebbe potuto realizzare.  Al che il geologo ha spiegato che «se le criticità permettono la soluzione dei problemi, l'opera si può fare». Spaziani ha fatto riferimento poi a due segnalazioni del 9 e 17 marzo 2011 e che, a seguito, delle forti piogge il fenomeno franoso si è aggravato fino al crollo del marzo 2013. Un riferimento anche alle interlocuzione avute con Acanfora, responsabile all'epoca di un settore diverso da quello di Spaziani che, a detta del teste, sono avvenute solo in forma orale.

Quanto alla classificazione idrogeologica del versante, il geologo ha detto che la parte bassa era in R4, ovvero zona a rischio, mentre la parte alta era in zona in espansione, non a rischio. Quindi la risposta finale sulla mancanza delle reti di protezione che avrebbero putto evitare la frana. Il Comune si è costituito parte civile attraverso l'avvocato Paolo Tagliaferri.
Al termine dell'udienza il giudice ha accolto la richiesta della difesa di Acanfora di acquisire la relazione geologica.