Ventiduemila persone hanno visto riconosciuto il diritto a percepire il reddito e la pensione di cittadinanza per un totale di 9.988 famiglie, con un importo medio mensile di 498 euro. Questi i dati elaborati dalla Uil di Frosinone relativi al decreto legge introdotto dal governo nazionale un anno fa con l'obiettivo di contrastare la povertà e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro.

«Al di là dei furbetti e degli illeciti scoperti dalle forze dell'ordine – spiega Anita Tarquini, Segretaria della Uil di Frosinone – il nostro studio fotografa una realtà che fa tremare i polsi. Le cifre della nostra provincia sono infatti le più elevate in termini di importi corrisposti a uomini e donne: il territorio ciociaro viene prima di quello romano, dove l'importo medio mensile dei percettori di questa misura si è attestato a 474 euro e di Latina, dove la cifra corrisposta è stata di 472 euro. In termini di persone coinvolte dal reddito e dalla pensione di cittadinanza, i nostri 22.468 uomini e donne collocano Frosinone in terza posizione dopo Roma con 137.498 persone e Latina che ne conta 24.400».

«Nel Lazio sono quasi 93 mila i nuclei familiari a cui è stato riconosciuto il diritto al sostegno economico e oltre 200 mila le persone che lo esercitano – aggiunge l'esponente Uil della Ciociaria – Siamo sempre stati favorevoli alle misure che si pongono il fine di contrastare la povertà e quindi anche al reddito di cittadinanza. Questa nostra elaborazione conferma le criticità del territorio: posti di lavoro che saltano, aziende in crisi, difficoltà nel trovare una nuova occupazione.

Difficoltà confermata anche dai numeri della cassa integrazione, basti pensare che nel 2018 tra ordinaria, straordinaria e in deroga sono state oltre quattro milioni le ore concesse dall'Inps agli uomini e alle donne della nostra provincia, mentre nel 2019 le ore sono arrivate ad oltre sei milioni, con un incremento del 51,6 per cento».

«È chiaro quindi che serve un'inversione di tendenza – conclude Tarquini – che da un lato non deve dimenticare chi si trova in difficoltà, ma che offra loro anche una prospettiva futura migliore. È per questo che le politiche attive del lavoro vanno implementate. Non solo. Per uscire definitivamente dalla palude servono politiche di sviluppo, investimenti pubblici e privati. Serve una politica economica molto più incisiva della attuale in grado di rilanciare definitivamente l'occupazione, che in questo territorio oggi è merce rara».