La richiesta di abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica è stata accolta. Donatella Di Bona, accusata di omicidio volontario aggravato, insieme all'ex compagno, per aver ucciso il figlio sarà valutata da un perito nominato dal giudice, chiamato a stabilire se è capace di intendere e volere e se lo fosse quando Gabriel ha perso la vita in un campo a pochi passi da casa. A poco più di due anni.

L'attesa per l'inizio dell'udienza preliminare calendarizzata tra altre 22 che dovevano celebrarsi davanti al giudice Di Croce è stata carica di emozioni. Soprattutto per nonna Rocca e per il figlio Luciano, accompagnati da altri parenti e dagli avvocati Alberto Scerbo e Giancarlo Corsetti. Rocca ha trattenuto a stento le lacrime: sperava di poter abbracciare sua figlia, di toccarle una mano per dirle che lei crede nella sua innocenza. E che, oltre ogni ragionevole dubbio, le sarà accanto per dirle che non l'ha mai ritenuta possibile di un delitto tanto efferato.

Donatella, invece, non passa nel corridoio a gomito del primo piano della procura per raggiungere quell'aula tanto temuta dagli imputati, dove si decide della loro vita da uomini liberi: la ventottenne di Piedimonte è già in aula, fatta transitare attraverso un circuito di sicurezza per evitare telecamere e curiosi. Quando si apre la porta - ormai è il suo turno - si intravede solo un pezzo di maglia verde, capelli biondi raccolti in una coda, protetta dagli agenti della penitenziaria che la circondano. Neppure la madre, nonna Rocca, riesce ad avvicinarsi.

Richieste accolte. Si parte
La richiesta avanzata dagli avvocati Chiara Cucchi e Lorenzo Prospero è accolta: il prossimo 18 febbraio si torna in aula per il conferimento dell'incarico al perito scelto dal giudice Di Croce, chiamato quest'anno a valutare i casi più difficili della storia giudiziaria del Basso Lazio degli ultimi anni. Rigettata, invece, la richiesta di una perizia medico legale sulla morte del piccolo, per la procura morto per asfissia. Poi verranno calendarizzate le altre udienze, mentre si attende l'apertura del processo per Nicola Feroleto - padre della vittima - il 20 marzo: Nicola, assistito dall'avvocato Luigi D'Anna, ha infatti scelto di procedere con rito ordinario.

Pochi minuti dopo la fine dell'udienza, Donatella era già scomparsa così come era arrivata prima delle 9, fatta transitare direttamente con il cellulare della penitenziaria, entrato in retromarcia al piano terra del palazzo di giustizia. È nonna Rocca a rilasciare le prime dichiarazioni ai cronisti: «Speriamo che finisca subito questa storia. Chiedo giustizia per mia figlia, sono convinta della sua innocenza» afferma e ribadisce di non essere ancora riuscita a rientrare a casa a Piedimonte, ancora sotto sequestro, a un passo dal campo dell'orrore, dove la procura ritiene che Gabriel sia stato ucciso. «Certamente provata, un'attesa carica di emozione» ha sottolineato l'avvocato Alberto Scerbo, riferendosi alla sua assistita.

Donatella, che intanto ha intrapreso un percorso psicologico in carcere, è apparsa ai presenti in salute. «Sta lottando anche lei in carcere, dove è seguita da uno psichiatra» hanno aggiunto gli avvocati Cucchi e Prospero, spiegando che il perito dovrà valutare «sia la sua capacità di prender parte all'udienza, sia quella di intendere e volere quando Gabriel perdeva la vita». Il perito verrà incaricato il 18 febbraio, ovviamente anche le parti nomineranno i propri consulenti.
«La mia vita è morta. Non ce la faccio più. Penso solo che non c'è più mio nipote» dice fra le lacrime nonna Rocca che anche nella trasmissione di ieri su Canale Cinque, "Pomeriggio Cinque", ha ribadito con forza che sua figlia non può aver ucciso Gabriel. Poi ha aggiunto: «Potevamo stare a casa, tutti uniti come sempre, insieme a Gabriel. E invece, a vederla così...».

La procura, però, ha un'altra idea. Per il pm Valentina Maisto che ha coordinato l'inchiesta, i risultati delle indagini guidate dal colonnello Fabio Cagnazzo avrebbero indicato sia in Donatella che in Nicola i possibili responsabili della morte del bimbo. Sono i genitori, per gli inquirenti, ad averlo soffocato perché piangeva. Forse per aver impedito loro di appartarsi. Le ricostruzioni discordanti, le accuse reciproche, il cambio di versioni, il finto alibi: un'inchiesta affatto semplice. Poi l'arresto lampo da parte dei militari, prima di Donatella. Poi di Nicola. Ora la verità in aula.