Nuova udienza ieri in merito al processo alla piccola Scampia di Frosinone, come era stata ribattezzata per i sistemi di sicurezza (videosorveglianza, inferriate e vedette) adottati per impedire gli accessi delle forze dell'ordine. Un'attività di spaccio di cocaina, hashish e marijuana, in forma organizzata secondo quanto ricostruito dall'accusa protrattasi dal luglio del 2012 fino al luglio 2016. Allora, infatti, era scattato il blitz con trecento carabinieri del Norm e poliziotti della squadra mobile, con tanto di unità cinofile, antiesplosivi e due elicotteri a volteggiare sui cieli del capoluogo.
Nell'udienza di ieri sostanzialmente non è successo nulla di rilevante. Infatti sono state acquisite le sommarie informazioni testimoniali degli assuntori, circa una quindicina, visto che nei verbali dei carabinieri e polizia questi avevano preso la droga dalla finestrella non avendo però visto chi gliela cedeva. La prossima udienza è stata fissata al 10 marzo. Il sistema ricostruirono gli investigatori si poggiava su una rete di appartamenti adibiti allo spaccio, a corso Francia, in via Marittima e in viale Mazzini (in questo caso per una clientela più esclusiva).
I depositi utilizzati per la custodia dello stupefacente erano in via del Carbonaro, in via Angeloni a Frosinone ma anche ad Alatri. E appena uno veniva "bruciato" ne saltava fuori un altro. L'accusa aveva evidenziato il modello Scampia messo in atto dall'organizzazione frusinate.