Udienza preliminare appena terminata. Si tornerà in aula il 7 febbraio, poi ancora due udienze per le eccezioni e le discussioni. Tanta la pressione mediatica, per consentire al pm - la dottoressa Siravo- di lasciare l'aula.

Ammesse le costituzioni di parte civile. Il giudice Di Croce ha sciolto le riserve solo poco fa. In aula Mottola e Quatrale, pressati dalla stampa. "Siamo fiduciosi" le uniche parole strappate all'ex maresciallo.

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Ci vorranno almeno tre udienze prima che si decida per il rinvio a giudizio o per il proscioglimento dei cinque imputati. Questa la previsione dell'avvocato Sandro Salera, difensore di Consuelo, la sorella di Serena Mollicone. Ora che Guglielmo è ricoverato i suoi familiari non mollano. Alle 13 la decisione sulla costituzione di parte civile. 

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SEGUONO AGGIORNAMENTI

di: La Redazione

Pausa all'udienza Gup su Serena. Un'ora di pausa. Il giudice si è riservato per decidere se accogliere o meno la costituzione delle parti civile. L'udienza si è aggiornata alle 13.30.

Il giudice si è ritirato in camera di Consiglio. La discussione finora ha riguardato solo la costituzione di parte civile, soprattutto dell'Arma e dei parenti non stretti

di: La Redazione

Hanno creato la pagina social #siamotuttiguglielmomollicone che in pochi giorni è cresciuta in maniera esponenziale, fino a superare le 28.000 adesioni. E la partecipazione è stata straordinaria. Mariarosaria Pomponio, ideatrice della battaglia social, ha spiegato i motivi di questa iniziativa che è solo all'inizio (VEDI IL VIDEO).

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di: Carmela Di Domenico

Dentro l'aula si discute. Papà Guglielmo combatte a ogni respiro. Fuori dall'aula si ricostruiscono i fatti. Guglielmo è sempre lì, a respirare per la vita. Quella vita che sua figlia ha perso, uccisa nella sua Arce. Quel paese che Guglielmo ha percorso per anni migliaia di volte ricordando i luoghi di sua figlia, una risata, un saluto, un'uscita con gli amici, un acquisto.

Sempre Serena negli occhi a dargli forza in quella battaglia che mai ha lasciato per quasi 20 anni. Indagini, probabili depistaggi, nuova inchiesta, nuovi indagati. Anni di attesa, dolore, speranza. Sempre con Serena negli occhi. Ora sono chiusi, nel reparto Utic dell'ospedale "Fabrizio Spaziani" di Frosinone dove è ricoverato da quasi due mesi per un infarto che lo ha colpito, ma papà Guglielmo resta con grinta appeso al filo della vita e continua a combattere. Per lui. Per Serena.

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Attesta spasmodica fuori dall'aula del tribunale con i servizi dei canali nazionali. Ritmo lento nella stanzetta dell'Utic dello Spaziani. Ritmo lento ma convinto. Una nuova battaglia per papà Guglielmo ma la sua assenza sembra più una presenza. Manca a tutti. E tutti parlano di lui. Tutti hanno un motivo in più nell'attesa. A tutti sembra di vederlo in giro. Quel volto. Quegli occhi che gridano verità. La stessa che invocano tutti.

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SEGUONO AGGIORNAMENTI

di: Katia Valente

Le telecamere iniziano ad arrivare. Già alle 8.45 i primi scaricano l'attrezzatura in una piazza Labriola assediata da ausiliari del traffico che da 3 giorni hanno ripreso servizio, e si dirigono verso la porta del Tribunale di Giustizia di Cassino.

Controlli a catena. Minuziosi. Perché c'è l'Italia a seguire l'udienza Gup che dovrà decidere la sorte degli indagati per la morte di Serena Mollicone. Dopo quasi vent'anni da quel maledetto primo giugno, quando venne rinvenuto il cadavere nel bosco dell'Anitrella. Il 15 novembre venne rinviato tutto, per un difetto di notifica.

Il 15 novembre c'era papà Guglielmo a mostrare a tutti il volto di un'attesa sfiancante, un volto desideroso di avere finalmente giustizia per sua figlia. Oggi in quella piazza non si vede sbucare da nessuna parte. È ancora nell'Utic dell'ospedale Spaziani di Frosinone. Sta ancora combattendo per la vita. Ci saranno i suoi familiari. A lui, a loro si sta stringendo un'intera comunità in attesa di conoscere la verità.

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UN MEME INONDA LA RETE
E da ieri circola un puzzle -un meme - con le foto della bella Serena da bambina, da giovinetta, da ragazza di 18 anni. E in tantissimi lo stanno condividendo per dire, semmai ce ne fosse bisogno, che ognuno ha sete di giustizia e che si sentono tutti "parte lesa". È il cuore di una comunità immensa che batte e dà forza a Guglielmo e spera che la nebbia si diradi e che si riesca a chiudere il cerchio della verità.

di: Katia Valente

C'è dentro mezza Italia, diciannove anni di cambiamenti, la capacità di guardare oltre le apparenze, quella di isolare tracce prima neppure percepibili. La possibilità di mettere per la prima volta in discussione un'istituzione tanto amata e importante come quella dell'Arma. Letta vent'anni fa, questa storia, poteva assomigliare più a una spy story, legata un genere fantastico, che un caso di cronaca nera. Aberrante nella sua realtà. Dentro c'è anche l'attesa di mezza Italia, non solo della famiglia Mollicone.

Che si voglia arrivare a una giustizia, ma non una giustizia a ogni costo, è l'auspicio più intimo di ogni mamma, papà, fratello o sorella che inevitabilmente si identificano in questa ricerca, che sentono nello stomaco questa attesa. Proprio oggi che l'Italia tutta seguirà col fiato sospeso l'udienza preliminare nei confronti dei cinque imputati per la morte della studentessa di Arce, papà Guglielmo non ci sarà, ricoverato allo Spaziani di Frosinone dopo il malore che lo ha costretto a un'assenza prima impensabile.

A raccogliere il suo testimone, suo fratello Antonio, oltre a diverse associazioni che hanno già annunciato la loro presenza in piazza Labriola. A rivendicare la propria innocenza, i cinque imputati: Marco e Franco Mottola insieme alla moglie Anna Maria, a Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.

Le tappe del delitto
Per raccontare la storia di Serena Mollicone si deve partire dal 1° giugno del 2001: è questa la data in cui Serena non va a scuola, esce di casa per una radiografia ai denti a dieci chilometri da Arce e scompare nel nulla. Due giorni dopo viene ritrovata senza vita nel boschetto di Fonte Cupa, in località Anitrella. Mani e piedi legati, una busta sulla testa. L'Italia intera si interroga: possibile vittima di un maniaco? Parte la caccia all'uomo. Solo dopo si saprà che il decesso è avvenuto per asfissia: credendola morta, dopo una colluttazione - la ferita sul sopracciglio ne farà immaginare i contorni - è stata ferita e confezionata. Poi abbandonata nel bosco.

Un bigliettino del dentista, lo stesso tipo di buste del supermercato e un'informazione - quella resa agli inquirenti circa la presenza di Serena, peraltro errata - faranno di Carmine Belli il "mostro" da sbattere in prima pagina. Il trentacinquenne viene arrestato il 6 febbraio del 2003 con l'accusa di omicidio e occultamento di cadavere, in carcere per 17 lunghi mesi. Il pool della difesa - con il professor Lavorino, oggi consulente dei Mottola - rileva tutte le crepe dell'impianto accusatorio. Assolto in tutti i gradi di giudizio (7 luglio 2004 la prima sentenza, quella della Corte d'assise di Cassino verrà confermata in Appello e in Cassazione) ha presentato istanza di riparazione per ingiusta detenzione, con il ricorso ancora pendente a Strasburgo.

L'inchiesta torna allo start
L'inchiesta torna al punto di partenza. Guglielmo non si dà pace, traccia ancora una volta la direzione in cui guardare, non si arrende. Si parla di depistaggi. Intanto, l'11 aprile del 2008, il brigadiere Santino Tuzi - che per primo indica la presenza di Serena in caserma - viene trovato morto. Si apre un'inchiesta per omicidio, derubricata in suicidio. Poi un nuovo fascicolo per istigazione al suicidio. I due casi, a lungo separati, vengono riuniti. Il caso, però, rischia di restare nel cassetto.

C'è una richiesta di archiviazione a cui la famiglia si oppone. E il 15 gennaio del 2016 il gip Lanna si pronuncia: si riparte. Questa volta dalla caserma. Nuove importanti indagini, grazie alla volontà del procuratore D'Emmanuele e del colonnello Cagnazzo, portano a risultati impensabili. L'impulso viene dato dopo la riesumazione di Serena che viene trasferita al Labanof. Per la procura, Serena è morta in caserma.

Vengono indagati, oltre ai Mottola, altri due militari: Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale. Tutti rinviati a giudizio, pronti a difendersi. Ma il 14 novembre scorso, nell'udienza tanto attesa dai familiari di Serena, viene tutto rinviato per un difetto di notifica. Guglielmo, intanto, accusa un malore e viene ricoverato. Oggi le difese torneranno a darsi battaglia: gli avvocati De Santis, Salera e Nardoni per i familiari; l'avvocato Germani per i Mottola; Candido e D'Arpino per Quatrale; Rotondi e Germani per Suprano; Castellucci per Maria Tuzi.

di: Carmela Di Domenico