«Dopo l'inchiesta che ha colpito i vertici della cooperativa nella quale abbiamo per anni prestato servizio, ci siamo ritrovati a dover pagare il conto di eventuali errori o di una presunta malagestione non certo nostri»: inizia così il messaggio dei tanti dipendenti di una delle strutture coinvolte nell'inchiesta cassinate che ora rischiano di restare senza lavoro. Con il nuovo passaggio giudiziario, non si esclude neppure che le coop possano essere messe in liquidazione.

Ricevuti in Prefettura, a Caserta, hanno sottolineato: «Senza stipendio da ottobre, siamo stati lasciati nel limbo sia dalla realtà presso cui lavoravamo - che non ha provveduto nemmeno a licenziarci - che dalle istituzioni, le quali a tutto hanno pensato tranne che alle sorti di venti famiglie per le quali oggi invece chiediamo risposte. Quelli che rivendichiamo non sono altro che i nostri diritti: quello a non perdere la prospettiva di una continuità lavorativa visto che i servizi che abbiamo svolto sono ancora necessari. Inoltre chiediamo che ci vengano liquidate le spettanze maturate, senza ulteriori rinvii».

Poi gli operatori sociali Usb hanno concluso: «La Prefettura ha messo in campo un primo segnale di apertura, per quanto insufficiente a risolvere la nostra vertenza. Per questo andremo avanti chiamando alla solidarietà quanti, nel settore dell'accoglienza, vivono gli stessi problemi per vedere finalmente rispettati la nostra professionalità e i nostri diritti. Non ci fermeremo fino a una soluzione equa».

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Inchiesta sulla gestione dell'accoglienza, disposti ieri i domiciliari per quattro degli indagati già sottoposti all'obbligo di firma: per gli inquirenti, avrebbero trasgredito a una delle misure, ovvero al divieto di svolgere attività imprenditoriale per un anno. L'esecuzione della misura ha riguardato l'ex sindaco di Cassino, Bruno Vincenzo Scittarelli, Paolo Aristipini, Katia Risi e Luca Imondi che ora hanno assoluto divieto di comunicare sia telefonicamente che telematicamente con persone differenti dai familiari con i quali convivono.

L'inchiesta
Le misure del gip Di Croce nei loro confronti erano state già applicate un paio di mesi fa: l'inchiesta "Welcome to Italy", a firma di Guardia di finanza e Polizia di Stato, ha infatti portato alla luce una serie di elementi che hanno sostanziato l'attività della procura. Venticinque le persone (tra imprenditori e politici del Cassinate) accusate di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. In mezzo, una serie di contestazioni: corruzione di dipendenti pubblici o incaricati di pubblico servizio; estorsione; truffa ai danni dello Stato di Enti pubblici; frode in pubbliche forniture; abuso d'ufficio; malversazione ai danni dello Stato ed emissione, nonché utilizzo di fatture false. Per gli inquirenti, nelle coop finite sotto la lente sarebbero state distratte somme destinate a sfamare, accogliere e istruire i richiedenti asilo.

Somme "reinvestite", invece, in feste di compleanno, auto di lusso, ristrutturazioni di ville e altri settori lontani dal progetto Sprar. Si risparmiava, secondo la magistratura, non solo su cibo e strutture ma anche sulle lezioni scolastiche o sugli abiti. Diciotto, lo ricordiamo, le misure cautelari emesse dal gip Di Croce: 11 di presentazione alla pg, 7 di divieto di svolgere attività imprenditoriale per un anno. Di questi 7, quattro ieri sono stati raggiunti dall'aggravamento della misura.

Il pericolo di reiterare il reato
La richiesta del pm, il dottor Alfredo Mattei, è stata accolta in pieno dal gip che avrebbe ritenuto sussistere il rischio della reiterazione del reato: l'attività d'indagine svolta dagli uomini della Squadra Informativa del Commissariato di Cassino - guidato dal vice questore Raffaele Mascia - insieme ai militari del Gruppo della Finanza - agli ordini del colonnello Salvatore Rapuano - avrebbe permesso di rilevare alcune trasgressioni da parte degli indagati.

I quattro per i quali è stato richiesto l'aggravamento della misura avrebbero, per i magistrati, trasgredito «il divieto imposto con un'apposita misura cautelare interdittiva, continuando a gestire i servizi offerti dalla coop Casa di Tom, la Ginestra e Lavoro per la Salute».

Bruno e i WhatsApp
Bruno Scittarelli, ex sindaco di Cassino e personaggio di peso del panorama politico e imprenditoriale - assistito dall'avvocato Sandro Salera - sarebbe stato "incastrato" da alcuni messaggi WhatsApp. Per l'accusa, sarebbe il contenuto di quei messaggi relativi, sembrerebbe, alla rendicontazione di chiusura dei progetti Sprar di San Giorgio e Rocca D'Evandro inoltrati a una funzionaria dopo l'applicazione delle prima misura ad aver sostanziato le richieste del dottor Mattei.

Così come, ad esempio, alcune testimonianze raccolte da altri funzionari delle Prefetture di Frosinone e Caserta hanno pesato nella valutazione delle altre tre posizioni, poiché in grado - sempre per l'accusa - di indicare una presunta prosecuzione delle attività imprenditoriali invece negate.

La data dell'udienza preliminare per tutti i coinvolti è quella del 29 gennaio. Intanto, le difese dei quattro sottoposti alla misura cautelare dei domiciliari - tra i quali l'avvocato Salera, Sgambato, Prencipe e Di Vizio - si preparano per gli interrogatori che potrebbero essere fissati già nella prossima settimana.

di: Carmela Di Domenico