Accusato di furto aggravato, "salvato" da un'intercettazione. Sarebbe stata l'attività di polizia giudiziaria a carico del quarantacinquenne napoletano (ritenuto il capo di una banda di ladri) a rappresentare, invece, l'elemento con cui la difesa è riuscita ad ottenere l'assoluzione dell'indagato. Il partenopeo attualmente detenuto per altri reati assistito dall'avvocato Emanuele Carbone, era stato fermato a Cassino dai carabinieri che erano sulle tracce di una banda "specializzata" in auto di grossa cilindrata composta da almeno tre persone (non identificate).

Da diverso tempo, i movimenti dei campani, infatti, erano tenuti sotto osservazione per poter raccogliere elementi di prova a loro carico: tanti i furti di vetture avvenuti tra i Basso Lazio e il Sud Pontino. Il quarantacinquenne era stato quindi fermato nel cortile di alcuni palazzi della città martire per recuperare, sempre in base alle accuse, una delle vetture oggetto di furto. Proprio mentre si avvicinava all'auto, scattarono le manette.

L'avvocato Emanuele Carbone, utilizzando come prova l'aggancio delle celle telefoniche dell'indagato, ha sostenuto che al momento del furto il quarantacinquenne non si poteva trovava in zona. Il suo assistito, infatti, sarebbe stato da tutt'altra parte. Chiesti due anni di reclusione, il giudice monocratico ha invece accolto le tesi della difesa e lo ha assolto con formula piena