L'ordinanza di bonifica della discarica di Roccasecca finisce al Tar. Il provvedimento adottato dall'amministrazione provinciale di Frosinone il 6 dicembre è stato impugnato dalla Mad. Nel ricorso, proposto dall'avvocato Cristiana Loreti, se ne chiede, previa adozione della sospensiva, l'annullamento.

La Mad nel ricorso fa una cronistoria degli avvenimenti, a partire dal 2014, in forza dei quali la Provincia ha imposto «i necessari interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale» entro trenta giorni. Il tutto nel presupposto - recita l'ordinanza - che il sito «è potenzialmente contaminato». Una conclusione che la Mad respinge con forza.

A monte c'è la questione sollevata dall'Arpa Lazio «del superamento dei valori di concentrazioni soglia di contaminazione, sulla base di risultati di proprie analisi - si legge nel ricorso della Mad - invece viziati da gravissime e continuative violazioni delle corrette metodiche di campionamento e di analisi». La Mad contestava subito quei risultati in base ai quali però la Provincia decideva di avviare la procedura di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale.

A tal fine la Regione incaricava l'Irsa-Cnr di compiere le necessarie verifiche sul sito. Il rapporto finale del Cnr, nel maggio del 2016, «escludeva la presenza di qualsivoglia fenomeno di inquinamento o di contaminazione delle acque riconducibile alla discarica gestita dalla Mad s.r.l. in località Cerreto di Roccasecca - si legge nel ricorso - accertando che la presenza nelle acque sotterranee di metalli (principalmente ferro e manganese) non è dovuta a fattori antropici ma invece alla conformazione e natura del terreno stesso (e cioè ai "valori di fondo")». E anzi si ribadisce che superamenti di valori erano stati registrati anche a monte della discarica, «laddove cioè non può arrivare alcun effetto della presenza della discarica».

E allora «le indagini di Irsa Cnr sulle acque sotterranee del sito della discarica e dell'area circostante completate nel 2016 hanno da un canto accertato che non esiste alcuna contaminazione delle acque derivante dalla discarica - prosegue il ricorso - dall'altro sonoramente smentito la attendibilità delle indagini eseguite da Arpa Lazio, che hanno prodotto risultati talmente distonici da non poter essere ragionevolmente giustificati da Irsa Cnr né con processi naturali né con processi antropici». Lo steso studio del Cnr confermava «che non sussiste alcun pericolo per la salute umana».

E dunque, il 15 luglio 2016, la Regione rilasciava la nuova Aia. Nuova Aia che era impugnata davanti al Tar dal Comune di Roccasecca. A dicembre del 2017 arrivava la sentenza (ora definitiva) di rigetto del ricorso che «accertava l'insussistenza di fenomeni di inquinamento delle acque sotterranee nel sito». Da qui la conclusione che «lo studio finale di Irsa e tale determinazione regionale confermano definitivamente che i superamenti di valori di Csc per ferro, manganese ed arsenico sono dovuti alle condizioni naturali del sito».

Il provvedimento della Provincia arrivava così a ciel sereno. Tanto che, secondo la Mad, «la Provincia ha travisato palesemente le risultanze dei report e della relazione conclusiva di Irsa-Cnr ed ha disatteso le valutazioni della Regione... assumendo del tutto infondatamente che il sito è potenzialmente contaminato a causa del superamento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione».

Tanto più che «se sussistessero fenomeni di inquinamento ad opera della discarica sarebbero riscontrati nelle analisi alcuni marker caratteristici che invece non risultano». La Mad ricorda che «è pacifico» che già nel 2004 si ebbero dei superamenti dei valori di concentrazione di ferro, manganese e arsenico che «non potevano essere significativi di fenomeni di inquinamento perché i conferimenti di rifiuti erano appena iniziati all'interno dei bacini della discarica».

La Mad sostiene, sulla base di tali elementi, che «l'ordinanza provinciale impugnata è illegittima per carenza del presupposto sostanziale, non esistendo alcun fenomeno di inquinamento o di contaminazione del sito della discarica, neppure potenziale». Per di più «l'ordinanza è stata emessa senza alcuna istruttoria e senza esternare alcuna motivazione in ordine alla presunta sussistenza di fenomeni di contaminazione del sito». La Mad rileva ancora che l'assenza di contaminazione è stata accertata dallo stesso Tar con la sentenza del 2017.

«Nel caso di specie - aggiunge la Mad - non esiste alcun atto di indagine compiuto da chicchessia da cui emergano fenomeni di contaminazione o inquinamento riconducibili all'attività della discarica della Mad s.r.l., irrilevante essendo a tali fini il (solo formale) superamento dei valori di Csc».

Denunciate anche «la carenza di istruttoria e di motivazione... non essendo ipotizzabile alcun fenomeno di inquinamento o di contaminazione delle acque sotterranee per effetto di fenomeno di migrazione del biogas». Il fenomeno di migrazione del biogas «è frequentissimo nella gestione degli impianti di discarica» non è in grado di contaminare le acque di falda «neppure ove mai davvero raggiungesse le acque stesse». E ancora «la Provincia è incompetente ad emettere provvedimenti concernenti al gestione del biogas», di competenza regionale.