È andata avanti, anche oltre il tempo del suo percorso scolastico. Perché dopo la vittoria di primo grado in tribunale, per vedersi riconoscere il diritto allo studio, era arrivato - come una doccia fredda - l'appello del Comune. Appello rigettato. La famiglia del ragazzo affetto da tetraparesi spastica, disabile al 100% dalla nascita, aveva ingaggiato una battaglia per vedersi riconoscere un diritto sacrosanto: l'attivazione di un servizio in grado di accompagnarlo a Cassino per studiare.

Una richiesta apparsa assurda per il Comune, alle porte di Cassino, che per tutta risposta aveva chiesto ai genitori dello studente di fargli cambiare istituto per non affrontare il viaggio. C'è voluta una battaglia legale, con il sostegno degli avvocati Federico Gallaccio e Luciana Ciotti, per obbligare gli enti preposti a intervenire. Ma non con l'attivazione del servizio, bensì con lo stanziamento di una somma destinata alla famiglia per poter accompagnare il ragazzo a scuola.

Una soluzione tampone che non serve a sostenere altri ragazzi con disabilità o famiglie che vivono questo tipo di situazioni. Intanto, il Comune aveva proposto appello. «Nell'anno 2016/2017 per un assurdo rimbalzo di competenze tra istituzioni era stato negato al ragazzo il servizio di trasporto scolastico per raggiungere l'istituto superiore della città martire» avevano spiegato i due legali della famiglia.

La famiglia del ragazzo disabile, molto unita e monoreddito, non si era di certo tirata indietro neppure quando l'unico a lavorare aveva perso il posto di lavoro: a turno i familiari hanno accompagnato tutti i giorni il loro amato figlio e fratello per consentirgli di continuare a studiare senza alcuna mortificazione. La sentenza di primo grado aveva stabilito 15.000 euro per la famiglia, con il pagamento di una somma affinché si occupasse direttamente la famiglia del trasporto.

E nei giorni scorsi è giunta la decisione della Corte d'Appello: appello infondato, sia sul difetto di giurisdizione sollevato; sia sul difetto di legittimazione. Resta, comunque, l'amarezza della famiglia. Nella sentenza viene ribadito quanto disposto dalla legge 104 del 1992: «La Repubblica garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona con handicap e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola e nel lavoro». Al contrario, non ne promuove l'emarginazione.