Coca per le feste, dosi per clienti facoltosi e per quella insospettabile "Cassino-bene" che ora inizia a tremare. L'arresto di ieri di A.M., 59 anni, cuoca disoccupata di Cassino residente in zona San Bartolomeo, ha acceso i riflettori degli inquirenti su un mercato tutt'altro che fermo o in crisi.
A dimostrazione della vitalità della florida piazza di spaccio cassinate, quel quantitativo niente male che avrebbe fruttato dai 40.000 euro in su. Nella cucina della cuoca, all'interno di un borsello, i militari della Sezione operativa della Compagnia di Cassino hanno trovato già divisi in porzioni - dodici per l'esattezza - oltre 700 grammi di cocaina da piazzare. Per la cuoca sono scattate le manette ed è stata trasferita a Rebibbia. La droga è stata sequestrata, in procinto di essere trasferita in tribunale nell'ufficio corpi di reato. E sono scattate mirate indagini.
Impensabile che la donna abbia potuto fare tutto da sola: i piani su cui muoversi sono almeno due. Innanzitutto gli inquirenti dovranno capire come quel grosso quantitativo di droga sia arrivato nella cucina della cinquantanovenne: la ricostruzione della filiera, per stabilire contatti e scambi, non è facile. Ma non impossibile. Poi si dovrà capire se la cuoca abbia "solo" accettato di custodire illecitamente lo stupefacente: se fosse diventata "guardiana" del deposito - magari per far fronte a improvvise difficoltà economiche - chi potrebbe esserci davvero dietro le dodici porzioni illegali? O ha potuto occuparsi di tutto da sola?
Il secondo livello da affrontare: gli acquirenti. Quei 700 grammi di polvere bianca, secondo i beninformati, potrebbero già avere una collocazione ben precisa, destinati a quella fetta di insospettabili e di professionisti. Bisogna solo capire come queste dodici porzioni sarebbero, poi, state smerciate. Individuare chi, dalla cuoca al consumatore, avrebbe svolto il compito più delicato poiché più rischioso: quello dello spaccio al dettaglio.