Aveva denunciato le molestie sessuali sul luogo di lavoro. Tecnicamente, per il codice penale, è violenza sessuale. Una violenza alla quale il tribunale di Frosinone (presidente Farinella, a latere Doglietto e Tamburro) ha creduto. Così ieri pomeriggio il collegio giudicante ha inflitto una condanna a tre anni e quattro mesi per un frusinate di 55 anni. Disposta anche una provvisionale di 10.000 euro nei confronti della vittima, nel 2013, all'epoca dei fatti, una ventunenne. Come spesso avviene in casi di questo genere, soprattutto se lo scenario è il posto di lavoro, lei ha confermato tutto, mentre lui ha negato, ipotizzando una vendetta legata a un mancato avanzamento di carriera nell'azienda. Secondo il pubblico ministero Samuel Amari, che ha sostenuto l'accusa in giudizio, le «testimonianze confermano l'imputazione».

Tra gli elementi a sostegno della tesi della procura c'è il fatto che la ragazzi, dipendente della società al pari del fidanzato, si dimise subito insieme al ragazzo. Eppure a quest'ultimo come prospettato dal pm era stato già comunicato l'aumento salariale, ragion per cui quelle dimissioni, all'apparenza, sono risultate inspiegabili. A meno di non volerle collegare con la denuncia presentata dalla ventunenne. Due sono gli episodi contestati nella stessa giornata, uno consumato e l'altro tentato. La giovane lavorava in un'agenzia incaricata della stipula di contratti. Un lavoro che, a 21 anni, era probabilmente una delle prime esperienze. Un'esperienza dalla quale la ragazza, stando alla denuncia, è uscita traumatizzata. La donna non era passata inosservata al titolare dell'attività. Un'attenzione, però, che secondo la procura alla fine si è rivelata molesta.

La storia risale al luglio del 2013. Allora la ragazza, che in giudizio si è costituita parte civile attraverso l'avvocato Claudia Padovani, se ne andava in giro per Frosinone con il suo blocchetto di contratti nella speranza di ottenere la stipula di un nuovo accordo. Tra un potenziale cliente e l'altro, a un certo punto, c'è stato un contatto ravvicinato con il principale. Quest'ultimo, secondo la denuncia della donna, in due occasioni nella stessa giornata, prima alle dieci di mattina e poi il pomeriggio, avrebbe tentato un approccio. L'uomo, in ufficio, in una stanza chiusa, l'avrebbe palpeggiata. Lei non ha perso tempo e, dopo essersi dimessa, ha denunciato il tutto.

È stato così l'inizio dell'indagine che ha portato prima al rinvio a giudizio dell'uomo, difeso dall'avvocato Giuseppe Pizzutelli, e, ieri, alla sua condanna. L'uomo ha sempre sostenuto che quanto denunciato non poteva essere accaduto perché, quel giorno, l'ufficio era pieno di gente, affermando, inoltre, che se il primo episodio si è verificato non aveva senso che lei si ripresentasse nel pomeriggio. Per lui la denuncia sarebbe alla base della notizia che la ragazza aveva perso un'occasione per fare carriera, passando di livello, all'interno della società. Ora dovrà fare appello.