Era stata accusata di appropriazione indebita e aveva perso tutto. Clienti, tranquillità, lavoro e fiducia. La battaglia per dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati è durata cinque anni: un calvario, quello vissuto da una donna di 47 anni di Arce, che lavorava come sub agente in una agenzia di assicurazioni avente come sede madre quella di Sora.

La sentenza è arrivata qualche giorno fa. La lettura del dispositivo, a firma del giudice Epifanio, è suonata a C.G., assistita dall'avvocato Antonella Germani, come una liberazione.
Tutto ha inizio nel 2014. Prima la denuncia, poi l'apertura del procedimento giudiziario. Alla quarantasettenne veniva chiesto conto di un ammanco da oltre 70.000 euro: soldi dei clienti che facevano parte di un ben corposo portafoglio.

Cinque anni di una lunga battaglia, con la chiusura dell'agenzia (e la contestuale perdita del lavoro), l'escussione di una valanga di testimoni, riscontri tecnici e documentali. L'avvocato Germani ha ricostruito e spiegato anche come venivano riscossi i premi assicurativi e allo stesso tempo come venivano effettuati i pagamenti. In sostanza l'avvocato è riuscita a dimostrare, con una complessa strategia difensiva, che i soldi non venivano fatti transitare su un conto ma consegnati: passaggio dopo passaggio sono stati ricostruiti i passaggi e le somme. Ed è stato sollevato il dubbio su chi abbia in realtà acquisito i 70.000 euro che mancano all'appello. Una battaglia che ha convinto il magistrato, portando all'assoluzione con formula piena dell'assicuratrice.