«Io sto sotto qua... sto aspettando ‘sto pesce giallo». È un dialogo intercettato dai carabinieri a dare il nome all'operazione "pesce giallo" che ha portato all'arresto di tre dipendenti dell'Agenzia delle entrate, il responsabile dell'unità operativa servizi catastali in fronte office (accettazione atti per l'aggiornamento catastale e collaudo) nonché due suoi collaboratori. Un quarto collaboratore è indagato al pari di altre 18 persone.

Il procuratore facente funzioni Adolfo Coletta ha contestato agli indagati, a vario titolo, i reati di concussione in concorso, corruzione, truffa aggravata in concorso e abuso d'ufficio. Per tutti e tre gli arrestati finiti ai domiciliari, Andrea Cristini, 52 anni, di Alatri, responsabile dell'ufficio, Domenico Carnevale, 51, originario di Pico e residente a Frosinone, e Carlo Mastroianni, 58, di Monte San Giovanni Campano, è stata applicata l'interdizione dall'esercizio dei pubblici uffici per un anno.

L'operazione pesce giallo, dal dispregiativo con cui gli indagati chiamavano le proprie vittime, è partita dopo la denuncia di un geometra di Alatri nel luglio del 2018. Da lì, supportati dalle attività tecniche (intercettazioni telefoniche e ambientali, telecamere piazzate negli uffici dell'Agenzia delle entrate, che ha offerto collaborazione agli investigatori) i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Frosinone, guidati dal maggiore Matteo Branchinelli e dal luogotenente Angelo Pizzotti, coordinati dal colonnello Fabio Cagnazzo, hanno progressivamente esteso il cerchio.

«L'attività è iniziata dalla strada - ha spiegato il maggiore Branchinelli - dalle lamentele degli utenti. Così si è venuto a sapere il malcostume. Quando i cittadini si presentavano al front office, due di questi impiegati prospettavano problemi che avrebbero potuto risolvere con il denaro: "se mi dai i soldi, la pratica va avanti"». Altrimenti la pratica catastale finiva in un cassetto scavalcata da tutte le altre, anche se poteva correre da sola, senza alcun apparente intoppo. In generale si trattava di piccoli accatastamenti, ma in qualche caso anche per grossi complessi o locali commerciali, visure catastali.

Ai tre non è stata contestata l'associazione, come dice il maggiore «c'era una connivenza tacita». In base a quanto ricostruito dai carabinieri i due subordinati «si sparivano i proventi dell'attività illecita». Il maggiore quantifica l'esborso in 20 e 50 euro per le pratiche più piccole per professionisti (soprattutto geometri, ma anche agenti immobiliari) e privati cittadini. «Ad alcuni geometri - ricostruisce il maggiore Branchinelli - per singole operazioni venivano chiesti 5.000-7.000 euro».

Le indagini proseguiranno ancora per accertare altri casi - il sospetto dei carabinieri è infatti che il sistema, in quanto ben rodato, possa aver avuto inizio molto prima dell'avvio dell'inchiesta - nella speranza che nuove vittime, alla luce degli arresti, ora possano farsi avanti e denunciare.

Le accuse si concentrano sul responsabile dell'unità servizi catastali in front office, al quale è contestato un episodio di corruzione e una decina di episodi di concussione a danno di diversi geometri. «Il responsabile dell'unità poteva decidere il buon esito delle pratiche», rimarca il maggiore. I regali, denaro, buoni di benzina e perfino inviti a pranzo a casa degli utenti o a ristorante a spese di questi ultimi, erano pretesi nei giorni di festa, come a Natale, Pasqua o ferragosto.

E se il professionista di turno non si presentava arrivava subito la telefonata. «Non ci facciamo gli auguri?», ricorda una frase intercettata il luogotenente Angelo Pizzotti. Dalle indagini è emerso anche un dialogo tra i due subalterni che si lamentavano del quarto collega (solo indagato) perché non spartiva con loro. In un altro caso un meccanico, cliente dell'ufficio, sarebbe stato costretto a fare delle riparazioni gratis.

«Ci siamo mossi in modo cauto - ricorda ancora Pizzotti - e abbiamo individuato un geometra di Alatri, che abbiamo convinto a denunciare. All'inizio non voleva perché temeva che non l'avrebbero fatto più lavorare». Le vittime venivano ricevute in ufficio, ma anche a casa. «In mezzo a una cartellina le vittime mettevano le 50 euro o i buoni di benzina», ricorda Pizzotti. Con una scusa, infatti, chi non pagava si vedeva rimandare indietro la pratica e perdeva il cliente.

Il risultato raggiunto dai carabinieri si deve anche alla collaborazione dello stesso ufficio, in particolare del direttore e di un dirigente dell'Agenzia.

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