Non solo sul cibo. Per ottenere ingiusti profitti sulle spalle dei richiedenti asilo, si "risparmiava" pure sugli abiti. Al punto che si sarebbe provveduto a vestire quattro immigrati con vestiti e scarpe idonei, invece, solo per la metà. Al punto che taluni, scrive il gip Di Croce, erano rimasti senza scarpe e pantaloni. «Allora, ci sta quello nuovo che è arrivato, l'ultimo che è arrivato quello sono andata io a prenderlo...E poi ci stanno gli altri due che praticamente...Io ne ho vestiti quattro con due schede. Quindi mancavano i pantaloni e le scarpe. Mi ha dato due schede: uno per questo qua,che si deve vestire nuovo. E una, con una scheda, ci faccio due pantaloni...Perché stanno senza pantaloni».

È questo il tenore delle conversazioni tra una dipendente delle coop e Scittarelli, finito nell'inchiesta "Welcome to Italy" insieme ad altri 24 indagati per una ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato inrelazione alla gestione dell'accoglienza degli immigrati. Dalla corposa ordinanza a firma del dottor Di Croce, che ha condiviso appieno le risultanze della GuardiadiFinanza edellaPolizia, tanti elementi che suonano davvero come un pugno allo stomaco. Gli stranieri protestavano perché avevano fame: «Un pacco di biscotti da settecentocinquanta grammi e due litri di latte...Questi dopo dieci giorni non ce li hanno più! E infatti loro stamattina mi hanno detto "C'abbiamo fame!» viene fuori dalle intercettazioni. Cibo scadente e insufficiente.

In alcuni casi, il Nas avrebbe rilevato chegli ospiti provvedevano da soli all'acquisto degli alimenti oltre a riscaldamenti non funzionanti, muffe, lavatrici rotte. Non solo. Nelle pagine dell'inchiesta coordinata dalla procura di Cassino dal procuratore D'Emmanuele e dal sostituto Mattei e affidata agli uomini della Finanza del Gruppo di Cassino, agli ordini del colonnello Rapuano, e del Commissariato guidato dal vice questore Mascia molto di più. Secondo le accuse, parte dei fondi destinati alle pulizie e all'al fabetizzazione degli stranieri, sarebbe invece stata "distratta" e destinata a sostenere spese private dei coinvolti. Come le Bmw acquistate in leasing per le cooperative.

La prova documentale di queste ipotesi verrebbe a trovarsi, secondo gli inquirenti, in quel documento denominato"Turni dipulizie del mese di aprile 2016" all'in terno di una delle coop interessate: su quel foglio il nome dell'elen co degli ospiti "reclutati" nell'espletare i servizi di pulizia da soli, in totale violazione delle prescrizioni del capitolato speciale d'ap palto relativo all'assegnazione dei servizi di accoglienza della prefettura. I coinvolti, secondo i magistrati, erano consapevoli delle inadempienze, cercando soprattutto in concomitanza dei controlli da parte di Asl o Nas di sistemare in pochi giorni strutture fatiscenti. E istruendo gli operatori durante le ispezioni a parlare il meno possibile per evitare complicazioni: «Stanno in caserma! Stanno già là! Gli ho detto di non parlare troppo...».

Tra le contestazioni dei servizi non resi ci sarebbe anche la mancata attivazione dei corsi obbligatori. Così quando le forze dell'ordi ne contestano di non avere documenti validi per verificare il numero delle lezioni impartite nonché la data delle stesse, gli amministratori delle strutture apparivano in difficoltà: le insegnanti non avevano un registro delle presenze e di fatto l'unico documento era un foglio interno. «Il tenore delle conversazioni tra i coinvolti dimostra in modo inequivoco l'in tenzione di procurarsi una falsa attestazione sull'esistenza dicorsi di insegnamento della lingua italiana per gli stranieri accolti in emergenza scrive in un altro passaggio il gip in modo da utilizzare la relativa documentazione per difendersi dalle contestazioni».