Subito dopo gli arresti era stato proprio il Comune di Latina ad annunciare con una nota che formalmente si sarebbe costituito parte civile nel processo Commodo, quello sul caporalato nell'Agro Pontino. Sotto accusa anche l'ex sindacalista ciociaro Marco Vaccaro.
«Una volta che l'inchiesta approderà in Tribunale», era riportato. Ieri mattina al via con la prima udienza davanti al collegio penale presieduto dal giudice Francesco Valentini, l'amministrazione non c'era. Si sono costituti parte civile, l'Inps e poi anche alcuni braccianti agricoli, difesi dall'avvocato Alessandro Pucci.

Il business, perché di business si trattava hanno sottolineato più volte gli inquirenti, poteva contare su un corposo drappello di immigrati sfruttati nelle campagne della provincia di Latina e che erano coinvolti in un vero e proprio sistema. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile e coordinate dal procuratore aggiunto Carlo Lasperanza avevano permesso di raccogliere e poi blindare una serie di elementi, a partire dall'orario in cui gli stranieri venivano caricati sui mezzi, fino alle paghe molto basse per lavorare nei campi.

Tutto questo è emerso anche nel corso dell'incidente probatorio che si è svolto in tribunale nei mesi scorsi. Erano tre i punti di raccolta nel triangolo tra Latina, Sezze Scalo e Priverno dove gli stranieri aspettavano l'arrivo dei minivan su cui salivano quando mancava poco all'alba.

Le paghe erano di 4 euro e 50 centesimi all'ora, a fronte di una cifra che oscilla tra i 7 e i 12 euro. Ieri è stato affidato l'incarico per le trascrizioni e il processo riprenderà il prossimo 22 ottobre. In aula si è costituito l'Inps e poi diversi braccianti, tra cui una donna di origine straniera, assistita dall'avvocato Alessandro Pucci che ha sostenuto di aver subito un forte danno morale.

Secondo quanto ipotizzato gli imputati reclutavano la manodopera, rappresentata da centinaia di stranieri, e le retribuzioni erano palesemente difformi dai contratti collettivi nazionali. E inoltre è stata accertata la reiterata violazione della normativa dell'orario di lavoro e anche dei periodi di riposo. Sempre secondo l'accusa gli imputati hanno approfittato dello stato di bisogno dei lavoratori, costretti a queste condizioni per sostenere la famiglia e inviare in alcuni casi all'estero una parte delle retribuzioni ricevute.

Sono almeno 400 i lavoratori che sono stati reclutati. La storia della donna di origine straniera, residente ad Amaseno in provincia di Frosinone, è molto significativa. Ha sostenuto di aver subito dei danni rilevantissimi relativi alla lesione della dignità umana e della libertà individuale e poi anche dei danni molto ingenti sotto il profilo materiale oltre che nella lesione della salute psicofisica.

Nella costituzione di parte civile ha ricordato che si sarebbe infortunata ad un piede per l'eccessivo carico di lavoro e una volta rientrata a disposizione dell'azienda, sarebbe stata ingiustamente licenziata. Il collegio difensivo degli imputati, è composto dagli avvocati Gaetano Marino, Giampiero Vellucci e Mario Improta.