Fatture per operazioni inesistenti. Era questa l'accusa dalla quale dovevano difendersi due imprenditori del settore dell'autotrasporto, i coniugi C.R., 51 anni, e C.F., 48, assistiti dall'avvocato Giampiero Vellucci. I due erano finiti al centro di un accertamento congiunto di Agenzia delle entrate e Guardia di finanza. Nel mirino erano finite una serie di fatture, del periodo 2015-17, per un totale di 1.880.000 euro.
I sospetti si erano concentrati in modo particolare su alcuni elementi: il fatto che le fatture erano state emesse dalla società dell'uno nei confronti della società della coniuge, l'ammontare delle stesse, secondo l'accusa, non era compatibile con il fatturato delle aziende e con il numero di dipendenti e di mezzi impiegati. In pratica, l'accusa sosteneva che dietro quello scambio di fatture non ci fosse nulla, ma soltanto un modo per pagare meno tasse.
Da qui l'apertura di un processo a carico di moglie e marito che si sono difesi sostenendo la legittimità di quegli scambi commerciali, ma soprattutto la difesa ha evidenziato che, a differenza del processo tributario, andava dimostrato, tramite accertamenti bancari, se effettivamente c'era stato il pagamento delle fatture così come risultato contabilmente. E alla fine, il tribunale, in assenza di un simile accertamento, ha deciso per l'assoluzione degli imputati con la formula perché il fatto non sussiste.