Tredici minuti di requisitoria. Ha parlato andando a braccio e ripercorrendo le fase delle indagini: dai riscontri delle testimonianze, ai risultati dell'autopsia, fino ai maldestri tentativi di depistaggio nonostante gli agganci delle celle telefoniche hanno tracciato il percorso di un feroce omicidio: da Nettuno fino a Prossedi dove è morta. E poi ha consegnato nelle mani del presidente della Corte d'Assise di Latina Gian Luca Soana 48 pagine di requisitoria scritta.
Il procuratore aggiunto Carlo Lasperanza ha ricostruito la solitudine di Gloria Pompili, la sua fragilità, la paura di alzare la testa e ribellarsi e poi l'amore sconfinato per i due figli. E alla fine ha formulato le sue richieste di condanna per i tre imputati del processo, accusati dell'omicidio della giovane frusinate, massacrata di botte e poi morta in una piazzola di sosta sulla Monti Lepini. In tutto 60 anni, di cui 48 equamente divisi per i due principali imputati, la zia Loide del Prete e il compagno di lei all'epoca dei fatti Mohamed Elesh Salem Saad e 12 per il fratello di lui, Mohamed Hadyy Saad. L'intervento del magistrato è arrivato al termine di un'udienza dove Salem Saad, uno degli imputati, ha rilasciato spontanee dichiarazioni. Ha indossato il vestito del bravo ragazzo: occhiali da vista, i capelli in ordine, la camicia bianca e le mani dietro la schiena, come ha fatto dall'inizio del processo. «Non ho fatto niente di male signori giudici e non condannatemi per la morte di Gloria», ha ripetuto.
In aula era presente anche Loide Del Prete, zia di Gloria, che poi ha lasciato la Corte d'Assise e non ha assistito alla requisitoria del pm. «Qui abbiamo assistito ad una sfilata di testimoni di ogni estrazione sociale che hanno detto sempre la stessa cosa. Sono persone che provengono da diversi strati sociali ma tutte hanno dimostrato la volontà di testimoniare e di raccontare quello che hanno visto.
Hanno deposto anche persone che hanno avuto problemi con la giustizia e questo è molto significativo -ha spiegato l'aggiunto- le fonti sono state eterogenee e dicono la stessa cosa. Questa non è stata una disgrazia, c'era un clima conflittuale pesante e poi Gloria è stata lasciata da sola. Lei non voleva che nessuno vedesse i segni che portava addosso, Gloria evitava le domande per paura e perché era terrorizzata».
La pubblica accusa ha disegnato fin nei minimi dettagli il profilo di una donna influenzabile che se non portava a casa i soldi prendeva le botte. Poi il procuratore aggiunto ha parlato del ruolo della zia.
«Non ha difeso Gloria, cosa ha fatto? Qui si mischia un giudizio morale e uno penale, l'omertà è finita quando la vittima non ha più resistito ed è morta». La speranza -ha sottolineato- un altro particolare per contestualizzare l'ambito in cui sono maturati i fatti. «In Italia queste cose le ho viste molti anni fa, con alcune donne deportate dall'Albania e dalla Romania quando venivano soggiogate e picchiate».
E ancora. «Gloria era destinata a morire, è come quando costringi un asino a portare un peso sempre più pesante».Le conseguenze della morte di Gloria sono state diverse. «Quando muore la Pompili muore il guadagno. E poi quanti depistaggi? Gli elementi che abbiamo raccolto arrivano da diverse fonti. È tutto logico e per gli imputati era importante che Gloria si prostituisse e lei invece è morta per difendere i figli, ricordatevelo ».