Intoccabili, pena definitiva per quattro, per tutti gli altri si torna in appello. Ha deciso così, nel'udienza di mercoledì, la Corte di cassazione che ha accolto la richiesta del procuratore generale che chiedeva un rinvio in appello per la determinazione delle pene, con una rivisitazione probabilmente al ribasso delle condanne, che sarà effettuata da una diversa sezione della corte d'appello di Roma. Il processo alla piccola Scampia di Frosinone, come era stata ribattezzata per i sistemi di sicurezza (videosorveglianza, inferriate e vedette) adottati per impedire gli accessi delle forze dell'ordine, riguarda un'attività di spaccio di cocaina, hashish e marijuana, informa organizzata secondo quanto ricostruito dall'accusa protrattasi dal luglio del 2012 fino al luglio 2016. Allora, infatti, era scattato il blitz con trecento carabinieri del Norm e poliziotti della squadra mobile, con tanto di unità cinofile, antiesplosivi e due elicotteri a volteggiare sui cieli del capoluogo.

Il sistema ricostruirono gli investigatori si poggiava su una rete di appartamenti adibiti allo spaccio, a corso Francia, in via Marittima e in viale Mazzini (in questo caso per una clientela più esclusiva). I depositi utilizzati per la custodia dello stupefacente erano in via del Carbonaro, in via Angeloni a Frosinone ma anche ad Alatri. E appena uno veniva "bruciato" ne saltava fuori un altro. L'accusa aveva evidenziato il modello Scampia messo in atto dall'organizzazione frusinate, anche con turni delle vedette a coprire l'intera giornata, compiti prestabiliti, premi di produttività e perfino sanzioni disciplinari per chi non li rispettava. Nonostante i ripetuti sequestri e arresti effettuati nel corso del tempo dalle forze dell'ordine, l'attività era sempre andata avanti, evidenziando una forte capacità di rispondere ai colpi inferti. Il sistema della finestrella, poi, era stato escogitato per impedire a chi acquistava di vedere chi vendeva in modo tale che, in caso di controlli delle forze dell'ordine, non sarebbe stato in grado di identificare lo spacciatore.

Tutti i venti condannati in primo e secondo grado, tra coloro che avevano optato per un processo con il rito abbreviato, hanno impugnato la sentenza d'appello. Per la Cassazione, però, per sedici di questi sarà necessario un secondo processo d'appello, ma solo ai fini del trattamento sanzionatorio. E dunque andrà rideterminata la pena comminata a Rafal Aleksandowicz, 39 anni, polacco, Vincenzo Balbi, 34, Diego, 38, e Lorena Cupido, 32, Alex, 30, e Massimiliano Frattali, 49, Luigi, 55, e Mario Iaboni, 31, Emanuel Mingarelli, 34, Angela Pavia, 49, Roberto Pironi, 50, Massimo Reffe, 35, Gionni Spada, 42, Palma Spinelli, 36, Massimo Stripe, 35, e Valter Tarquini, 56. Per il resto la Cassazione ha dichiarato il rigetto dei ricorsi di Spada e Spinelli e inammissibili i ricorsi degli altri per i quali ha stabilito l'«irrevocabilità delle statuizioni di responsabilità». Infine, la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di Teresa Cupido, Maurizio Mastropaolo, Klodjana Shehu e Francesca Romano, condannati così in via definitiva e anche al pagamento delle spese processuali nonché di 2.000 euro ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Queste le pene così come erano state stabilite in appello: diciotto anni per Diego Cupido, considerato, il promotore e organizzatore dell'associazione a delinquere; diciassette anni e quattro mesi per Valter Tarquini; sedici anni per Vincenzo Balbi; e quindici anni e quattro mesi per Luigi Iaboni; otto anni per Mario Iaboni; Roberto Pironi e Massimo Stirpe; sette anni due mesi e venti giorni per Alex Frattali; sette anni e otto mesi per Angela Pavia; sette anni e mezzo per Maurizio Mastropaolo; sette anni un mese e 10 giorni per Massimo Reffe; sette anni per Klodjana Shehu, albanese; sei anni e dieci mesi per Gionni Spada e Palma Spinelli; sei anni per Emanuel Mingarelli; cinque anni e dieci mesi per Francesca Romano; cinque anni e otto mesi per Teresa Cupido; cinque anni e sei mesi per Lorena Cupido. Tre anni, senza l'accusa di associazione, per Massimiliano Frattali e Rafal Aleksandrowicz. La sentenza aveva previsto la confisca di beni immobili e dei conti correnti dei principali imputati.

Ora dunque andrà fissata per i sedici una nuova udienza in modo da determinare l'esatta pena da scontare. Gli altri 55 imputati, ovvero quanti non hanno optato per il rito abbreviato, sono attualmente sotto processo davanti al tribunale di Frosinone. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati dagli avvocati Tony Ceccarelli, Giuseppe Giansi, Marco Maietta, Bruno Naso, Angela Porcelli, Fiorella Testani e Luigi Tozzi. Dopo l'operazione del luglio 2016, i principali accusati avevano scelto di essere processati con il rito abbreviato. E così il 29 marzo 2017 era arrivata la sentenza di primo grado, con le pesanti condanne stabilite dal gup del tribunale di Roma Maurizio Caivano così come richiesto dal pubblico ministero Adolfo Coletta che aveva coordinato le indagini della Direzione distrettuale antimafia. Lo stesso giudice delle udienze preliminari aveva stabilito anche i 55 rinvii a giudizio per gli altri coimputati. L'11 maggio del 2018 era invece arrivata la pronuncia di secondo grado con sentenze praticamente confermate.