Dopo il lungo stop estivo che ha visto i cancelli della fabbrica chiusi per oltre un mese, per gli operai dello stabilimento Fca di Piedimonte San Germano arriva altra cassa integrazione. Appena l'altro ieri, martedì 27, le tute rosse sono tornate sulle linee Alfa di Giulia, Giulietta e Stelvio. Neanche il tempo di accendere i motori, e subito è stato comunicato un nuovo stop.

La dirigenza aziendale ha infatti comunicato alle Rsa di stabilimento le fermate per settembre e ottobre. In totale sono dieci i giorni di fermo previsti: oltre al 2, 6, 9 e 16 settembre - giorni di cassa già annunciati prima delle ferie - si aggiungono altre sei date, che sono: il 23 e il 30 settembre e a seguire 1, 2, 3 e 4 ottobre.
L'autunno si annuncia dunque caldissimo, per Fca e per tutto l'indotto del territorio.

Del nuovo modello - il Levantino della Maserati, in origine previsto sul mercato a inizio 2020 e quindi in produzione già dalla fine del 2019 - ancora non ci sono tracce. Giulietta, sulle linee da ormai oltre dieci anni, dà evidenti segni di cedimento rispetto alle origini. Il boom di Giulia, la berlina che come l'araba fenice ha fatto risorgere l'Alfa nella fabbrica ai piedi di Montecassino, è ormai un lontano ricordo. Eppure parliamo solo di quattro anni fa.

Solo il Suv Stelvio, seppure in calo rispetto all'anno scorso, riesce a non crollare nelle immatricolazioni. La cassa integrazione e lo stop alla produzione sono dettati null'altro che da questo: c'è un esubero di produzione di tutti e tre i modelli del Biscione, dunque bisogna rallentare il ritmo. Rallentare il ritmo significa tenere chiusi i cancelli. Tenere chiusi i cancelli significa non fare più (o dimezzare, nella migliore delle ipotesi) le commesse alle fabbriche dell'indotto. Tenere fermo anche l'indotto equivale a immobilizzare un territorio che ormai da mezzo secolo (nel 2022 si festeggeranno i 50 anni dalla prima vettura prodotta nel sito pedemontano, la Fiat 126) è totalmente dipendente dall'automotive.

Ma il comparto metalmeccanico mai come ora è in forte sofferenza, quindi le buste paga degli operai si alleggeriscono e tutto il Lazio meridionale - non solo il Cassinate e la Ciociaria - tira il freno a mano alla crescita dell'economia.  Per questo i sindacati sono determinati a chiedere risposte certe all'azienda e al Governo.

La Consulta dei sindaci, riunitasi prima dell'estate, non ha finora avuto certezze dal Governo circa le nuove produzioni a Cassino. L'unica certezza è la cassa integrazione. A mettere in fila i dati è la Fiom-Cgil che con il segretario Donato Gatti stila il report mettendo in fila i numeri: «Questi fermi vanno ad aggiungersi ad un bollettino che è a dir poco preoccupante, ma sono i numeri a parlare. Nel primo semestre dell'anno abbiamo usufruito di 74 giorni di cassa integrazione. Se consideriamo le festività e quant'altro siamo ben vicini a una percentuale che è spaventosa, quasi pari al 60% di fermo degli impianti.

Il piano industriale prevedeva un investimento globale di 5 miliardi che, a Cassino, avrebbe portato alla conversione ibrida dei due modelli attualmente prodotti (Giulia e Stelvio) e un nuovo modello a marchio Maserati raggiungendo la piena occupazione entro il 2021. Ma primi tre mesi del secondo semestre dell'anno sono in linea con il primo semestre: si arriverà a dicembre con una produzione inferiore al 40% della capacità dello stabilimento. Un dramma».