«La verità sulla morte di Serena e su quella di mio padre non è più un obiettivo inarrivabile. Con la fissazione della data dell'udienza preliminare siamo sicuri che ogni cosa prenderà forma: sono certa che verrà affrontato ogni singolo aspetto che porterà, finalmente, alla verità». Non ha dubbi, Maria Tuzi figlia del brigadiere che per primo indicò la presenza di Serena in caserma che quel 13 novembre, al di là di ciò che diranno le aule di giustizia, rappresenti un primo grande risultato.

Quando è giunta la notizia della fissazione dell'udienza, quella in cui gli imputati dovranno comparire davanti al giudice delle udienze preliminari, Maria (che non si è mai arresa, neppure davanti alla richiesta di archiviazione) ha pensato: «Finalmente! Ci siamo!». Poi ha allertato tutta la famiglia. Così come papà Guglielmo, anche lei ci sarà. Accanto a lui.
Il papà di Serena e la figlia del brigadiere la cui morte è legata indissolubilmente a quella della studentessa di Arce (nesso ora acclarato anche dagli inquirenti) hanno gli occhi ben spalancati su quella verità che hanno cercato con tutta la loro forza.

A dover rispondere dell'ipotesi di concorso nell'omicidio di Serena (come sostenuto dalla procura) sono il maresciallo Franco Mottola all'epoca dei fatti comandante della stazione di Arce la moglie Anna Maria, il figlio Marco, insieme al maresciallo Vincenzo Quatrale. L'appuntato Francesco Suprano è invece accusato di favoreggiamento. Al solo Quatrale è contestato anche il reato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi.

Le difese gli avvocati Francesco Germani per i Mottola; D'Arpino e Candido per Quatrale; Rotondi e Germani per Suprano sono schierate, pronte a dimostrare tutti i punti "deboli"dell'impianto accusatorio: gli aspetti tecnici legati alla porta considerata "l'arma del delitto", la nuova intercettazione ambientale legata a Tuzi, così come l'orario dell'ingresso di Serena in caserma (con alcune testimonianze che rimetterebbero in gioco tutto). Si affilano le armi.