È finito agli arresti domiciliari. Marco Perfili è accusato di una truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni del Gse, il gestore dei servizi energetici. Dopo quella di luglio, è la seconda inchiesta del genere che coinvolge il presidente regionale del settore Ambiente di Federlazio nonché cofondatore di Ga Energy. Ma se la prima, condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Frosinone, è aperta davanti alla procura di Roma, questa volta ad agire sono i finanzieri di Treviso, coordinati dalla locale procura. Le Fiamme gialle hanno notificato il provvedimento al giovane imprenditore originario di Castro dei Volsci, ma residente nel capoluogo dov'è ai domiciliari. Stessa sorte è toccata ad altri due imprenditori veneti. L'inchiesta si è mossa parallela mente a quella di Roma.

Nel primo caso, tuttavia, i provvedimenti sono stati più blandi: oltre a un sequestro preventivo da 47 milioni di euro, l'ammontare della truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (secondo l'accusa), c'è stata l'interdizione temporanea dall'attività d'impresa, il gip di Treviso ha adottato un provvedimento restrittivo. La difesa dell'imprenditore, rappresentata dall'avvocato Calogero Nobile, dovrà ora valutare gli atti per capire se a Perfili sono contestati gli stessi reati finiti al centro dell'inchiesta di Roma o se si tratti, al contrario, di ipotesi similari, ma diverse. Solo all'esito degli accertamenti difensivi, si valuterà se ricorrere o meno al Riesame per una rivisitazione o l'annullamento della misura restrittiva.

A luglio, invece, con l'operazione "Bad Energy" venivano contestate le modalità con cui tre società, con sede a Frosinone, Roma e, appunto, Treviso riuscivano a ottenere i contributi per l'efficientamento energetico dal Gse, società interamente partecipata dal ministero dell'Economia. Nel mirino dei finanzieri frusinati erano finiti, in quell'occasione, i certificati energetici. In pratica, a seguito dell'elevato numero di domande presentate per l'ottenimento degli incentivi energetici, le Fiamme gialle avevano indagato sul modus operandi delle tre società. Così facendo, era stato contestato che i progetti di efficientamento energetico, per i quali erano stati ottenuti i contributi pubblici, erano riferibili a interventi o non eseguiti o eseguiti in parte.