Ben 47 beni confiscati e ora nelle mani del Comune di Cassino, due a Sant'Elia, uno (un manufatto) a Cervaro. Tutti destinati, nella loro nuova pelle, a fornire sevizi concreti: servizi resi possibili grazie ai patrimoni illegali sottratti alla criminalità. Cassino e il Cassinate rappresentano il secondo polo di maggiore concentrazione - a livello regionale - di tutti quei beni (terreni e immobili) che dopo un lunghissimo iter vengono riassegnati e utilizzati per finalità sociali.

Segno, da un lato, di una grandissima attenzione da parte di forze dell'ordine e magistratura. Dall'altro, però, anche dell'interesse della criminalità - anche organizzata - pronta a reinvestire. E a diversificare. Ma anche le amministrazioni hanno lo stesso pallino: cercare di dare nuova vita ai patrimoni illegali andando incontro alle esigenze maggiori del territorio, emergenza abitativa in primis. Fattorie didattiche, strutture che possano sgravare gli enti da spese più o meno importanti, centri per disabili: le idee, agli amministratori cassinati, non mancano.

Più negozi che terreni
I tempi affinché i beni sottratti alla criminalità possano portare all'affidamento sono davvero imponenti. Per questo, se venisse confermata (divenendo definitiva) la confisca operata dai carabinieri della Compagnia di Cassino - agli ordini del capitano Mastromanno - di due ville sottratte alla famiglia Spada, un eventuale affidamento potrebbe arrivare almeno tra 10 anni.

Tanto c'è voluto perché l'Anbsc (l'Autorità nazionale per i beni sequestrati e confiscati) consegnasse i beni al Comune di Cassino: i "primi" 43 a gennaio scorso, poi altri 4 a marzo. Si tratta di beni i cui procedimenti davanti al Tribunale di Frosinone risalgono al 2009. Più nel dettaglio: 19 immobili adibiti a negozi, molti in centro (corso della Repubblica e via Di Biasio); 3 a uso commerciale, lungo la Casilina Nord; 2 fabbricati; 15 terreni da via Di Biasio a via Solfegna, passando per via Guado Santa Maria; un ufficio in via Casilina Nord e due abitazioni, una anche di tipo popolare. Beni a cui si sono aggiunti a marzo altre 4 unità (appartamenti) lungo corso della Repubblica. Un patrimonio da quasi 11 milioni di euro da destinare alle attività sociali.

Alcuni, come affermato dal neo sindaco Enzo Salera, in grado di tamponare l'emergenza abitativa. Ma non solo. Come aveva già indicato la passata amministrazione, da rivedere anche le locazioni - ad esempio per i capannoni della manutenzione - o il deposito per l'archivio che costano al Comune una cifra di poco superiore ai 120.000 euro annui.
La stima del patrimonio affidato all'Ente di piazza De Gasperi è davvero importante: «Il suo riutilizzo: una grande conferma di legalità e una grande opportunità» ha continuato il sindaco Salera.

«Effettuati tutti i riscontri, ad esempio, potrebbe essere ipotizzabile il riutilizzo degli stessi per il cohousing sociale. Ma non solo. Pensiamo - come proposto dall'associazione "Se non ora quando?" - alla possibilità di creare la "Casa delle Donne" per offrire un valido aiuto e un punto di riferimento per tutte le vittime di violenza, proprio all'interno di una delle strutture sottratte alla criminalità. Occorre adesso studiare come poter realizzare queste idee».

La situazione a Sant'Elia
Il valore simbolico ed educativo dei beni confiscati è fondamentale perché restituisce fiducia ai cittadini, come sottolineato anche dal presidente dell'Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza della Regione Lazio Gianpiero Cioffredi. Un comune sentire, condiviso appieno dal neo sindaco di Sant'Elia, l'avvocato Roberto Angelosanto, tra le altre cose amministratore giudiziario dei beni confiscati. «Un patrimonio che rappresenta una immensa risorsa per gli Enti ma soprattutto un grande segnale di legalità nella misura in cui gli immobili che sono provento di attività delittuose ritornano alla fruizione dei cittadini che, in qualche modo, hanno avuto un danno dalle infiltrazioni della criminalità mafiosa o comunque dalle attività illecite nel loro territorio» ha sottolineato Angelosanto. «Come nuova amministrazione ci teniamo molto. È giusto che le categorie più svantaggiate possano goderne, con una doppia funzione: quella di restituire i beni alla collettività e quella di aiutare chi ne ha più bisogno». Si tratta di un fabbricato in località Chiusanova, già oggetto di un finanziamento regionale (con opere di sistemazione interna) che potrebbe diventare un centro di accoglienza per disabili, un centro diurno o un hospice. Il secondo, destinato di recente dall'Anbsc a S. Elia è una villetta in fase di costruzione (per cui va chiesto un finanziamento) su due piani su via Sferracavalli con 16.500 metri quadrati di terreno. «In questo caso potremmo immaginare una fattoria didattica o un centro per disabili, vista la grande pertinenza» ha aggiunto il primo cittadino.