Doppio tentato omicidio, ma anche gravi atti violenti e minacciosi. Il tutto per rispondere a un'offesa presunta subita in un bar per una risposta espressa con troppa sufficienza. Sono le accuse per le quali il gip Ida Logoluso ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare in carcere. I carabinieri del Nucleo investigativo e della compagnia di Frosinone, coordinati dal sostituto procuratore Samuel Amari, hanno dato esecuzione alla misura nei confronti di Ernesto Barile, 38 anni, di Frosinone. Gli altri due G.P., frusinate, 28, residente a Ferentino, e A.N., marocchino, 22, residente a Frosinone, sono ricercati. Tutti sono accusati di aver posto in essere i tentativi di uccidere due fratelli e la fidanzata di uno di questi. Il primo episodio contestato secondo la ricostruzione del Nucleo investigativo dei carabinieri, guidato dal tenente colonnello Andrea Gavazzi e dal maggiore Antonio Lombardi, è del 16 maggio scorso.
In quell'occasione, il fratello dell'uomo che aveva avuto una discussione al bar, venne convinto a salire in auto da G.P.
dopo esser stato tranquillizzato che la discussione non aveva a che vedere con i problemi tra il fratello e A.N. Tuttavia i tre indagati avrebbero colpito l'uomo «violentemente con pugni e calci, cercando altresì di trascinarlo fuori dall'auto». L'avrebbero colpito ancora quando era a terra, incitando (urlando "Ficcalo sotto") il conducente del veicolo, rimasto ignoto, a investirlo. Tre giorni dopo A.N. avrebbe sbarrato la strada all'auto con tutte le persone offese a bordo, versando il contenuto di una bottiglia di plastica, colma di benzina, all'interno (colpendo pure gli occupanti) e sulla carrozzeria per poi tentare di appiccare un incendio per due volte, senza riuscire nell'intento.
Contestata l'aggravante dei futili motivi, «rappresentati dall'intenzione di ristabilire la propria immagine scrive il gip in conseguenza di una presunta mancanza di rispetto subito da parte delle persone offese, nonché di affermare in questo modo la propria posizione predominante nell'ambito della criminalità locale». Contestata l'altra aggravante della premeditazione, vista anche la ripartizione dei ruoli e dei compiti. A tutti sono stati contestati, con più azioni, anche separate tra loro, le minacce e gli atti violenti finalizzate a scoprire dove si trovasse il fratello coinvolto nella discussione al bar. Al solo marocchino la procura ha contestato il tentato incendio dell'auto coni due fratelli e la ragazza a bordo.
Il gip parla di «chiari tentativi di omicidio» e ricorda come «le indagini si sono originate dalla deflagrazione di un ordigno innazi alla vetrina dell'esercizio commerciale» gestito da una delle parti offese, una vetreria di via Fabi. Tuttavia il gip rileva che «la deflagrazione, appunto, e l'esplosione di almeno otto colpi di pistola nei confronti del medesimo locale non sono stati attribuiti agli indagati» tenuto conto che al momento «pendono gravi sospetti non ancora tradottisi in gravi indizi di colpevolezza». Solo, in un secondo momento, peraltro, le parti offese facevano il nome di Barile. Anche perché quest'ultimo, dopo il pestaggio, aveva cercato una riappacificazione offrendo da bere e un giubbotto all'aggredito.
Il che, secondo il gip, «manifesta chiaramente la capacità intimidatoria delle condotte tenute ed il timore per la propria incolumità». Per il gip è «urgente» l'esigenza «di proteggere la vita delle persone offese e di tutti coloro che anche solo casualmente possono trovarsi accanto a loro». Quanto al movente (si fa riferimento a «una questione d'orgoglio») nell'ordinanza lo si definisce «allarmante» e indice che «attesta la volontà degli indagati di affermare la propria autorevole posizione criminale, segno di un crescente controllo sul territorio, che deve essere immediatamente impedito». I carabinieri hanno evidenziato il rischio di allontanamento degli indagati, spesso all'estero, soprattutto in Spagna e Marocco. Gli altri due ora sono attivamente ricercati. Barile sarà interrogato oggi in carcere, alla presenza del suo avvocato Tony Ceccarelli, dal gip Logoluso.