Tentato omicidio alle Fornaci, confermata la condanna per lo sparatore. La Corte di Cassazione, infatti, ha respinto i ricorsi presentati dai due imputati, gli albanesi Aleksander Prela, 38 anni, e Endri Mato, 31. Prela era stato condannato -con rito abbreviato- alla pena di cinque anni e otto mesi (sia in primo grado che in appello) per il doppio tentato omicidio di due romeni e per i reati di porto e detenzione di un'arma da sparo. Mato era stato assolto in appello dal reato di tentato omicidio (per il quale in primo grado aveva avuto la condanna in concorso con l'altro alla stessa pena) e pertanto era stato condannato a due anni e otto mesi per porto e detenzione dell'arma e per la residua ipotesi di spaccio di droga.

Il fatto era accaduto all'alba del 16 aprile 2015. I due erano accusati di aver cercato di regolare i conti con i romeni per una questione legata al danneggiamento di una vettura per motivi sentimentali. Dopo essersi incontrati nel bar albanesi e romeni si erano affrontati nel piazzale delle Fornaci finché Prela, dopo essersi allontanato, aveva impugnato una pistola e aveva sparato ferendo due romeni nella zona addominale. Secondo la ricostruzione dei giudici di appello l'incontro «era stato del tutto casuale», non avendo nemmeno gli albanesi ipotizzato che il gruppo dei rumeni volesse «realizzare la vendetta in esecuzione di una preordinata spedizione punitiva». Prela, alla fine, aveva ammesso di aver sparato «per difendere il connazionale, al quale nel corso della colluttazione era scivolata l'arma che portava indosso». Tuttavia per Mato non sono emerse prove sulla partecipazione al tentato omicidio come pure sul fatto che avrebbe istigato l'amico a sparare.

E ancora: «La responsabilità del Prela, secondo la Corte di appello, era invece saldamente dimostrata dalle dichiarazioni delle persone offese» e di un teste oculare. Nel ricorso Prela ha evidenziato di non aver voluto uccidere e di aver colpito in basso «con condotta idonea a ledere non certo ad uccidere; aveva inoltre esploso solo due colpi uno per ogni vittima, senza reiterare le esplosioni, segno che era intenzionato solamente a difendersi». Aveva negato di essere andato in auto a prendere la pistola, sostenendo di averla raccolta da terra dopo che era caduta all'amico. Tesi ritenuta dai giudici «inverosimile e priva di riscontri». La Cassazione ha fatto riferimento alla «furiosa colluttazione tra i due gruppi» descritta dai giudici di primo e secondo grado e che «vi era stato un distacco temporale tra la colluttazione e l'esplosione dei colpi di arma da fuoco ad opera del Prela».

E pertanto, considerato che alle minacce "vi ammazzo tutti" e alla vista dell'arma i romeni «avevano smesso di picchiare l'altro albanese» consegue la «corretta esclusione della legittima difesa, che non può comunque sussistere». Escluso l'eccesso colposo di legittima difesa. Ribadita dalla Cassazione «l'intenzione omicida e l'idoneità e direzione univoca dell'azione». Inoltre «la provocazione» pur invocata «non è configurabile nelle ipotesi di condotte reciprocamente aggressive». Ritenuto inammissibile anche il ricorso di Mato per i capi concernenti le armi con riferimento al fatto che la pistola era stata prelevata dalla sua auto.