Il Tribunale del Riesame di Frosinone ha revocato il decreto di sequestro preventivo di una parte delle "opere di difesa spondale e di manutenzione finalizzate al ripristino dell'officiosità idraulica del fiume Melfa e alla stabilizzazione e protezione della sponda destra del fiume".

Il ricorso era stato presentato dalla Mad, difesa dall'avvocato Marco Pizzutelli, contro il decreto di sequestro preventivo, eseguito dalla polizia locale del Comune di Roccasecca e convalidato dal GIP del Tribunale di Cassino, di un muro che in realtà era una berma in pietrame, e di una strada che in realtà era una pista di cantiere.

L'intervento trae origine da un dissesto spondale verificatosi nel novembre 2018, causato da una frana che ha interessato la sponda del Melfa. Il fiume, dopo aver compiuto una deviazione dalla sponda sinistra a quella destra a causa dei detriti e dei tronchi d'albero trascinati dalla corrente, ha cominciato a erodere la scarpata, mettendo in pericolo la stabilità di un traliccio dell'alta tensione dell'Enel.

È iniziato così un carteggio tra la Mad che, in quanto frontista, è tenuta alla manutenzione della sponda di quel tratto di fiume, il Comune di Roccasecca e la Regione Lazio. Sono state commissionate relazioni geologiche per valutare quali interventi mettere in opera. Così, il Comune di Roccasecca, dopo un sopralluogo di un geologo incaricato, inviava alla Mad una diffida «in quanto l'area in oggetto è interessata da un evento franoso» per «la messa in sicurezza di una situazione di pericolo attuale».

A seguito di un ulteriore sopralluogo da parte della Regione Lazio, nelle figure della vigilanza idraulica e della direzione ambiente, veniva ordinato alla Mad la presentazione in tempi brevi di un progetto per effettuare manutenzioni finalizzate al ripristino della «officiosità idraulica del fiume Melfa e alla stabilizzazione e protezione della sponda destra del fiume».

Il progetto presentato ai primi di maggio scorso ha ottenuto dai competenti uffici regionali il nulla osta idraulico ed i lavori tempestivamente iniziati hanno riguardato la pulizia del letto del fiume, dal quale sono stati portati via grossi tronchi d'albero (per rimuovere alcuni dei quali sono stati necessari più mezzi d'opera) che, ostruendone il flusso avevano comportato la deviazione sulla sponda opposta e la successiva erosione e frana. Il fiume ha così ripreso il suo corso originario attestato dai rilievi idraulici del 2003.

Al tempo stesso con la posa di una berma si è lavorato alla messa in sicurezza del pendio in frana. In pratica si è trattato di posare dei grossi massi a secco che, tuttavia, come evidenziato nel ricorso al Riesame, non hanno la funzione di "sostenere" la scarpata ma solo di evitare l'azione erosiva della corrente del fiume. L'opera realizzata, per di più, ha un'altezza non superiore al metro e non è un muro di contenimento.

Gli interventi di manutenzione idraulica, con tecniche di ingegneria naturalistica previste dalla Regione Lazio, hanno comportato una verifica idraulica del tratto di fiume che sfocia nel Liri che ha evidenziato come tutto l'alveo risulta intasato da tronchi di alberi e depositi fluviali che bloccano il normale deflusso del fiume in caso di piena e che, come nel tratto dei lavori effettuati dalla Mad, hanno causato una deviazione del corso d'acqua che ha provocato l'erosione al piede della scarpata, un tempo lontana dal flusso. Gli interventi realizzati, in base alla convenzione con la Regione, sono stati minimali, di pura manutenzione nell'alveo che, per sei anni, sarà monitorato.

Se non serviranno a contenere la piena del fiume e se non impediranno un nuovo spostamento del corso si renderanno necessari lavori più radicali. Questi interventi prima o poi si sarebbero dovuti realizzare, e in caso di ulteriore compromissione dell'area, sarebbero ricaduti a carico delle casse pubbliche. La Regione Lazio ha invece ordinato di effettuare le opere di manutenzione (del costo circa un milione di euro) direttamente e a spese della società Mad, per ovviare ai problemi che riguardavano la stabilità in generale oltre che quella di un traliccio dell'alta tensione dell'Enel.

La società ha quindi eseguito, a sue spese, quanto ordinato prima dal Comune e poi dalla Regione, essendo in possesso dell'unico titolo abilitativo previsto per queste opere, il nulla osta idraulico. Quando c'è stato il sequestro l'intervento era stato quasi ultimato, mancando solo pochi metri della berma ed il completamento della messa in sicurezza della scarpata spondale. I vigili urbani hanno, però, contestato l'esecuzione dei lavori senza titolo edilizio e senza autorizzazione sismica e paesaggistica. Conclusioni, queste ultime, contestate dalla Mad secondo la quale, invece, trattandosi di «interventi di manutenzione idraulica» sono assoggettati «al solo nulla-osta idraulico» che, come mostrato ai vigili urbani, era stato rilasciato dalla Regione per effettuare proprio quegli interventi.

Per tali ragioni la Mad ha interpretato l'intervento dei vigili come un pretesto in un momento in cui la questione rifiuti era al centro del dibattito politico. È sembrato che il Comune di Roccasecca abbia inteso utilizzare la frana dapprima per contrastare il rilascio dell'autorizzazione (7 marzo 2019) e successivamente, non preoccupandosi del rischio reale di dissesto e quindi ostacolando lo svolgimento dei lavori, per criminalizzare un intervento che era stato invece correttamente autorizzato dall'unico ente competente in materia di opere idrauliche, la Regione.

Nonostante l'esplicita autorizzazione regionale la Polizia Locale di Roccasecca ha comunque proceduto al sequestro contestando fatti insussistenti (come riconosciuto dal Tribunale del Riesame) e contemporaneamente provocando azioni di protesta e facili criminalizzazioni. Si sono infatti succeduti nei giorni appelli e condanne ad attacchi brutali al territorio, a interventi tacciati come abusivi, a ipotesi fantasiose di interventi realizzati per allargare la discarica. In sintesi il Comune ed i suoi amministratori hanno strumentalizzato artatamente la vicenda per creare una corrente di pensiero contraria alla discarica.

Con il ricorso al Riesame l'avvocato Pizzutelli della Mad ha evidenziato che si tratta di opere di difesa spondale per le quali non sono previsti né titolo edilizio, né autorizzazione paesaggistica né a fini antisismici. Che non si tratta di nuove costruzioni «non comportando trasformazione edilizia o urbanistica» e non c'è «alcuna modifica del territorio; semmai preserva il territorio».

L'accoglimento del riesame consentirà alla società Mad di completare la protezione spondale, di finire la messa in opera di grandi massi che tessono la berma in pietrame ed al termine, il recupero totale della scarpata con l'eliminazione anche della pista provvisoriamente creata per effettuare i lavori in sicurezza