Si vedono di spalle, a una slot, o cupi mentre grattano con la testa china. Sono loro, siamo noi, la società che alleva il "gioco" che porta a crescere le convinzioni che il guadagno facile e illusivo sia la scorciatoia della felicità, che irrobustisce le casse dello Stato e svuota le coscienze, prima dei portafogli domestici. Di spalle o cupi si alleva una speranza di ricchezza, si sogna una promessa luccicante che sfugge sempre ma sempre è vicina.

I giocatori sembrano non sorridere mai, forse non per concentrazione ma per cumulo di storie che portano nell'animo e che li ha condotti a varcare quella porta dalla quale è difficile uscire.
Sono loro, mamme, padre, giovani, anziani che abitano le famiglie di tutti, che spesso poco hanno raccontato i loro drammi o poco sono stati ascoltati, che hanno tentato un riconoscimento nella comunità, che hanno avuto poco dopo aver dato tanto, che cercano consolazione e riscatto più che denaro. Sono storie e mondi che raccontano altre storie e aprono squarci difficili quando il gioco diventa dipendenza e ci si ritrova a non poter pagare bollette, spese mediche, studi ai figli. E le tensioni tra le mura domestiche quando si superano i confini del semplice gioco e si diventa succubi oltre ogni misura le sentono in tanti ma la società tace, sembra spesso voltarsi dall'altra parte.

Una dipendenza quando è tale senza la… rete. Senza un'altra porta alla quale bussare per riaddrizzare quelle spalle e alzare quel volto.