Il corrispettivo dell'assunzione in una delle società dell'imprenditore finito nell'inchiesta "Cinquecento", aperta su una ipotesi di corruzione elettorale a Piedimonte, sarebbe stata l'assicurazione del voto non solo da parte di chi otteneva il posto ma anche dei suoi familiari. Anche durante le crisi politiche.

Sono questi alcuni dei risvolti emersi a margine dell'operazione del Nucleo Investigativo del Comando provinciale dell'Arma, contenuti nell'ordinanza del gip Scalera. L'inchiesta, coordinata dal pm Mattei, ha costruito l'ipotesi di un'associazione a delinquere finalizzata allo scambio di voto tale da portare all'esecuzione del provvedimento di divieto di dimora per il sindaco Gioacchino Ferdinandi; alla misura cautelare dei domiciliari per il vice Leonardo Capuano e per l'imprenditore Piero Varlese, con il coinvolgimento (a piede libero) dell'ex primo cittadino, Enzo Nocella. È proprio nella contestata continuità tra la richiesta di voti in cambio di promesse di lavoro, riscontrata in base ad alcune delle testimonianze raccolte dagli uomini del tenente colonnello Gavazzi e del maggiore Lombardi, agli ordini del colonnello Fabio Cagnazzo sia a cavallo della tornata elettorale del 2015 che del 2017 che prenderebbe forma l'ipotesi associativa.

A fornire un dettaglio di interesse investigativo, proprio uno dei dipendenti di una società di Varlese. «Nell'occasione della campagna elettorale del 2017 a seguito della crisi politica dell'amministrazione in carica, Varlese avrebbe consigliato a un dipendente di dimettersi dallo stabilimento di Melfi per essere assunto a Piedimonte assicurandosi, però, che "il voto suo e della sua famiglia confluissero nella lista di Ferdinandi e del vice, portando un fac simile della scheda elettorale"» scrive il gip. In relazione alle richieste dell'imprenditore il ragazzo avrebbe, infatti, riferito: «Io ti assumo, però passerò a casa di tuo padre e di tua suocera per chiedere il voto che dovete dare alla lista Nocella e la preferenza a Capuano». Circostanza confermata dai genitori del dipendente ma negata dalla sorella e dal cognato, che invece hanno sottolineato di non aver ricevuto alcuna indicazione di voto pur lavorando per le stesse società. E sempre lo stesso ragazzo (assunto un mese prima della tornata elettorale, nel 2015 a Melfi) aggiungerà che «durante quella  tornata Varleseaveva convocato una cinquantina di dipendenti nel suo ufficio per raccomandarsi continua il gip di votare quella determinata lista "per il bene di tutti e del lavoro"».

Messaggi, sospetti e ricorsi
Secondo i militari, anche alcuni sms dell'imprenditore (riferiti da un altro dipendente ascoltato in sede d'indagine) avrebbero contribuito a costituire parte dei sospetti negli inquirenti: messaggi (multipli) in cui sarebbero stati messi in un unico contesto i concetti di occupazione con quello di sostegno politico. Secondo il gip Scalera, inoltre, Ferdinandi venuto a conoscenza delle indagini in corso (cosa che andrebbe a giustificare l'apertura in procura di un ulteriore fascicolo per fuga di notizie) avrebbe mutato i toni al telefono: è il cambiamento tra le chiamate intercorse tra gli indagati, per la procura, a ingenerare il sospetto che fosse trapelato "qualcosa". Così da far riscontrare un improvviso «rigore poco credibile». Presentati i primi ricorsi al Riesame, le difese sono già al lavoro (per il sindaco, gli avvocati Massimo Di Sotto e Claudio Sgambato; per il vicesindaco, gli avvocati Giancarlo Corsetti e Veronica Avella; per l'imprenditore, Mosè De Rubeis e Marco Mattia). Gli interrogatori avranno inizio a partire da lunedì mattina.