Un mercato di voti in cambio di lavoro o anche solo della speranza di un posto, neppure fisso. Un sistema corruttivo che si sarebbe innestato nelle difficoltà di un territorio in gravi difficoltà economiche, dove anche chi ha ammesso agli inquirenti l'ipotesi di voto di scambio, avrebbe visto nelle promesse offerte quasi l'azione di un «benefattore».

Dietro l'operazione "Cinquecento" del Nucleo Investigativo dei carabinieri del Comando provinciale di Frosinone, che ieri ha portato all'esecuzione di tre misure personali (due ai domiciliari e l'applicazione del divieto di dimora) nei confronti del vicesindaco di Piedimonte, di un imprenditore e del sindaco, la possibilità di aver limitato o anche solo «diminuito la libertà degli elettori esercitando pressioni per costringerli a votare per determinate candidature». Anche nel caso in cui, continuano gli inquirenti, questo non si sia di fatto realizzato.

I provvedimenti sono stati eseguiti ieri mattina presto dai militari del Nucleo Investigativo, guidato dal tenente colonnello Gavazzi e dal maggiore Lombardi - agli ordini del colonnello Fabio Cagnazzo - nei confronti di tre dei quattro indagati ai quali viene chiesto conto di un'ipotesi di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale (voto di scambio): domiciliari per il vicesindaco Leonardo Capuano e per l'imprenditore Piero Salvatore Varlese. Divieto di dimora per il sindaco Gioacchino Ferdinandi. Nessuna misura - sebbene risulti allo stesso modo indagato per associazione - nei confronti dell'ex sindaco Vincenzo Nocella. Posizioni differenti, quelle delineate dal pm Alfredo Mattei che ha coordinato le indagini, condivise dal gip Scalera.

Tutte inserite, però, secondo il giudice in un «progetto criminale che almeno dal 2015 avrebbe cercato di interferire con i meccanismi elettivi democratici all'interno del Comune, condizionando la libera scelta di un numero indeterminato di elettori con l'offerta di contratti di lavoro a termine presso una delle società di Varlese in cambio del loro impegno e dei loro familiari di votare i candidati indicati nel sodalizio, assicurandosi così - come avvenuto nelle tornate elettorali del 2015 e del 2017 - l'elezione a sindaco e vice di soggetti appartenenti all'organizzazione e per l'effetto il controllo politico dell'Ente». Per gli inquirenti, il contestato voto di scambio avrebbe riguardato, dunque, due tornate elettorali.

Posizioni e misure
L'inchiesta denominata "Cinquecento" dal locale dove erano soliti incontrarsi gli indagati, ha avuto un grosso sviluppo investigativo nel maggio del 2018: è nell'ambito «e a seguito dell'accesa contrapposizione tra "vinti e vincitori" all'indomani delle amministrative del giugno 2017 - hanno spiegato dal Comando provinciale - che sarebbe stato possibile appurare in modo inconfutabile le condotte illecite: promessa di posti di lavoro nelle aziende dell'indotto Fca per il tramite dell'imprenditore coinvolto in cambio di voti».

Promesse che, come emerso dalle indagini, in decine di casi si erano realmente realizzate con le "assunzioni di favore" alle dipendenze di 3 società operanti nel settore della logistica, movimento, trasporto mezzi e pulizia legate all'imprenditore che «pur non figurando direttamente, con l'utilizzo di teste di legno nella direzione delle stesse, ne era il dominus».

Per il gip Scalera, Varlese e Capuano sarebbero risultati «i promotori e capi del sodalizio», dove Varlese avrebbe messo a disposizione «le sue imprese dell'indotto Fca necessarie per la finalizzazione del voto di scambio con gli elettori; mentre Capuano, insieme all'imprenditore, avrebbe avuto un ruolo da regista sul piano politico, intessendo rapporti e contatti. Nocella e Ferdinandi, candidati alla poltrona nel 2015 e nel 2017, avrebbero aderito al vincolo associativo - sempre secondo le contestazioni - recandosi in alcuni casi nelle abitazioni degli elettori per perfezionare i singoli accordi».

Di conseguenza, anche le misure sono risultate diverse: nessuna esigenza di misura cautelare per Nocella, uscito di scena dopo aver dismesso la carica di primo cittadino. Solo il divieto di dimora per Ferdinandi «per il ruolo di minor rilievo ricoperto nel sodalizio: le esigenze cautelari sono soddisfatte - scrive ancora il giudice - nell'avergli impedito di avere contatti con la popolazione» con effetti assimilabili alla misura interdittiva della sospensione dall'esercizio di pubblico ufficio o servizio». E, stando ai beninformati, il sindaco avrebbe scelto l'hinterland cassinate come sua dimora temporanea fino a che venga fatta chiarezza.

L'indagine
Le indagini si sono basate su intercettazioni ambientali e telefoniche ma anche sull'escussione di un numero elevato di persone coinvolte direttamente o indirettamente. Secondo gli elementi raccolti dai militari del Reparto Operativo di Frosinone, i reati elettorali si sarebbero palesati non solo nel tentativo di «turbare in modo continuativo i meccanismi elettorali mediante l'offerta - in cambio dell'impegno al voto in favore di candidati segnalati - di posti di lavoro nelle attività gestite da Varlese» ma anche minacciando il licenziamento o comunque la mancata conferma del contratto a termine».

«Io ti ho dato il lavoro e pertanto devi votare Ferdinandi e Capuano, tu e i tuoi familiari» avrebbe riferito uno degli "assunti a orologeria" in riferimento a presunte minacce dell'imprenditore nei suoi confronti. «Nonostante il disappunto - continua - dovetti accettare per mantenere il posto perché facendo diversamente sono certo che lo avrei perso».

La battaglia legale si preannuncia accesa: in difesa del sindaco, gli avvocati Massimo Di Sotto e Claudio Sgambato; del vicesindaco, gli avvocati Giancarlo Corsetti e Veronica Avella; dell'imprenditore, Mosè De Rubeis e Marco Mattia. Fissati da lunedì gli interrogatori.