«Lo svolgimento dei fatti quale attestato dalle plurime, univoche e concordi risultanze istruttorie, unitamente ai notori riflessi sull'opinione pubblica che la mala gestio del progetto umanitario ha avuto sull'intera provincia del Frosinate, rende evidente la responsabilità degli appellanti, protagonisti esclusivi di tale incresciosa vicenda a danno dei migranti e dello Stato italiano». È uno dei passaggi finali della sentenza d'appello con la quale la seconda sezione centrale della Corte dei Conti ha confermato la condanna in primo grado per l'ex presidente dell'Unione dei Comuni Antica Terra di Lavoro Antonio Salvati e per il responsabile del servizio affari generali, finanziari e tributari dello stesso ente Giovanni Federici. Entrambi, nel 2016, erano stati condannati al risarcimento, in via solidale, del danno di 208.580 euro in favore del dipartimento della protezione civile regionale per la gestione dell'emergenza profughi del 2011-12.

Dopo l'udienza di appello, sono state rese note le motivazioni con le quali la Corte ha confermato la decisione di primo grado. Per i giudici contabili Salvati e Federici sono «da ritenersi parimenti responsabili dell'evidente illegittima gestione del progetto pubblico umanitario. Nello specifico, il Salvati ha avuto un ruolo di preminente rilievo nella vicenda come riferito, peraltro, dai soggetti sentiti a sommarie informazioni, essendo egli il referente del soggetto attuatore e, quale sottoscrittore delle relative convenzioni, direttamente responsabile dell'attuazione del progetto assistenziale. Il Federici, nell'ambito delle funzioni rivestite, ha materialmente curato l'aspetto esecutivo dell'intera operazione predisponendo e sottoscrivendo le convenzioni con la cooperativa nonché i mandati di pagamento, il tutto come da istruzioni verosimilmente impartite dal Salvati».

Secondo il collegio «agli appellanti non è stato addebito il dolo penale ex art. 43 c.p., cui gli stessi fanno ripetutamente riferimento con identiche argomentazioni, bensì il dolo contrattuale da intendersi quale consapevole violazione degli obblighi assunti in convenzione con il soggetto attuatore sicché, come già innanzi detto, è privo di rilievo il fatto che non abbiano "percepito nemmeno un centesimo" atteso che non è mai stato contestato loro un arricchimento personale. Né assume alcun rilievo la richiesta di archiviazione del pm penale». Anche se, nel frattempo, a carico di Salvati si è giunti al rinvio a giudizio. La Corte ha contestato il mancato rispetto dell'obbligo di rendicontazione delle spese, la percezione di risorse vincolate per fini avulsi dal programma pubblico da parte di diversi soggetti (che «incide sul quantum del danno»), che «il numero delle presenze dichiarato e rendicontato non rispondeva a quello effettivo in quanto frutto di previa concertazione tra tutti i soggetti coinvolti, come emerso dalle risultanze testimoniali e accertato dalla Guardia di finanza».

Secondo la Corte «il fatturato alberghiero del 2011 (286.660 euro) corrispondente a 7.554 presenze è stato palesemente gonfiato e sovradimensionato rispetto alla capacità ricettiva dellastruttura che poteva ospitare al massimo 70 persone, ferme restando tutte le altre evidenze probatorie riscontrate. Ad analoghe conclusioni si perviene anche per l'anno 2012, stante il totale delle presenze (6.847) desunte dal fatturato dichiarato (260.168 euro), parimenti spropositate in relazione alla capacità ricettiva dell'albergo»