Sarebbe la volontà piuttosto che il compimento di atti amministrativi veri e propri il cuore dell'accordo ritenuto corruttivo dalla magistratura tra l'imprenditore Coratti e la giunta di Cervaro, indagati e finiti ai domiciliari per una ipotesi corruzione e turbativa d'asta. Al centro dell'inchiesta "Malaffare", la gestione ritenuta pilotata di una procedura di gara per l'assegnazione del servizio di raccolta dei rifiuti a Cervaro, dietro l'ombra di promesse elettorali e di assunzioni a orologeria: è questo l'impianto accusatorio della ponderosa indagine partita dalla Dda e affidata per quanto di competenza al sostituto De Franco.

Un'indagine dove a pesare nella ricostruzione dei carabinieri forestali, coordinati dal colonnello Lopez, sono le intercettazioni ambientali e telefoniche. È grazie alle conversazioni captate tra gli indagati che gli inquirenti avrebbero ricostruito la trama delle condotte in grado (per l'accusa) di condizionare il numero di società partecipanti alle gare, giungendo così a favorire la Tac Ecologica srl. Nei guai sono finiti non solo l'imprenditore dell'azienda, il verolano Alfredo Coratti, ma anche il sindaco di Cervaro Angelo D'Aliesio, gli assessori Gino Canale e Vincenzo Ricciardelli e il tecnico comunale Enzo Pucci e altri due indagati assunti in cambio della promessa di voto. Coinvolti in varia misura, secondo la procura, per consentire quello che i magistrati definiscono un «esito scontato».

L'impianto accusatorio ha focalizzato l'attenzione sul febbraio del 2017: diverse le conversazioni tra l'imprenditore e i politici, con richieste specifiche di «fare perfino delle correzioni» al fine di raggiungere il punteggio necessario a vincere la gara. L'imprenditore avrebbe fatto addirittura pressioni quando a partecipare alla terza convocazione sarebbero state almeno in due: o gli garantivano l'assegnazione o lasciava il servizio, creando il problema dello smaltimento dei rifiuti. «Se vengo escluso ve lo dico già adesso che v'organizzate, io lavoro fino a fine febbraio» avrebbe detto Coratti.

Con rassicurazioni, poi, da parte di alcuni dei politici coinvolti: prima esplicitando la volontà di riunire la maggioranza per parlarne, poi direttamente: «Ma no, sei solo tu quello che vince!» gli avrebbe detto l'assessore Ricciardelli per calmarlo. Ipotesi, quella della Procura, blindata in un'altra telefonata tra l'imprenditore e un amico: «Già sapevi che era una gara truccata e che vincevi tu!».

A margine di tutte le intercettazioni tra cui spiccano quelle sulla possibilità addirittura di manomettere i punteggi pur di assicurarsi l'appalto, il doppio binario seguito dagli inquirenti: quello della promessa di voti in cambio di assunzioni. Secondo la magistratura, dopo l'aggiudicazione dell'appalto ci sarebbe stato il "conto da saldare": assumere delle persone - tra cui spunta pure il nome di un parente del sindaco - che avrebbero però dovuto assicurare in cambio voti per la riconferma dell'amministrazione.

E quando l'imprenditore rileva una decurtazione sul compenso ottenuto (di circa 5.000 euro) passa, per gli uomini del Comando dei carabinieri forestali, persino alla minaccia di non mantenere il patto delle assunzioni: è il tecnico, in un'altra conversazione, che ribadisce di «sistemare tutto» a patto che sia mantenuta la parola, cioè assicurato «il coso», ovvero l'assunzione stabilita a tavolino: «Se tu assicuri il "coso", io te lo pago, non ho problema» gli avrebbe detto il tecnico.