Cinquanta reperti o poco più. Alcune decine di oggetti - soprattutto vestiti - per arrivare alla verità. Ma ieri a Roma, nella stazione di viale Tor di Quinto, si è cercato anche altro: tracce biologiche all'interno delle auto di Nicola, oltre a impronte e indizi in grado di far luce sulla morte del piccolo Gabriel. Cosa vorrà stabilire la procura? Forse che Gabriel sia morto o sia salito già agonizzante in auto?

Se così fosse, la sua tragica scomparsa non può non aver lasciato segni: se il piccolo abbia perso sangue o altri liquidi biologici all'interno dell'abitacolo non sarebbe di certo possibile nasconderlo. In tal caso, ma questa resta un'ipotesi, potrebbe significare che Gabriel non sia morto nel campo indicato come il luogo dell'omicidio, di cui restano indagati (e per questo in carcere) i genitori, Donatella Di Bona e Nicola Feroleto.

Oppure sì, ma che comunque Nicola - che ha negato ogni coinvolgimento - non abbia raccontato tutto: le versioni contrastanti hanno sparigliato più e più volte le carte. Ipotesi contrapposta: Gabriel potrebbe non essere morto nel campo. E pare, secondo indiscrezioni, possibile che non indossasse le scarpe. La tesi fatta propria dalla procura, che ha delegato ogni attività ai militari del capitano Mastromanno e a quelli del tenente colonnello Gavazzi - agli ordini del colonnello Cagnazzo - vede nel campo a pochi passi da casa il posto dove il bimbo viene soffocato. Ma restano troppi dubbi.

Così martedì le auto del padre sono state ispezionate per trovare fili d'erba, tracce visibili o invisibili di terreno: un elemento che andrebbe a indicare la presenza o l'assenza di Nicola nel campo dell'orrore. E ieri a Roma sotto la lente del Ris per 6 ore sono finite, ancora una volta, le auto: un accertamento per isolare impronte e altre tracce rilevanti. Alcune prelevate dal Ris che ha chiesto 90 giorni per i risultati. A tutto questo farà da contraltare l'inventario di vestiti e oggetti di vittima e indagati: jeans e scarpe di Nicola; maglie, calze e pantaloni di Donatella; fazzoletti, campioni di sangue dei genitori, medicine, il body della vittima e altro ancora.

Saranno questi i parametri con cui confrontare quanto rilevato negli accertamenti in corso, tutt'altro che conclusi. Dunque, da una parte il terreno; dall'altra le tracce biologiche: facile pensare che si stia lavorando per stabilire con esattezza dove Gabriel è morto. Una certezza che ridefinirebbe anche le responsabilità. Il compito non è facile: le difese (Cucchi e Prospero per Donatella, con il professor Lavorino; D'Anna per Nicola, con la dottoressa Bruzzone) e la stessa procura stanno lavorando senza sosta.

E il fatto di muoversi in un ambiente familiare, dove impronte o tracce possono essere presenti in un medesimo contesto, non aiuta. Donatella, intanto, ieri dal carcere ha continuato a chiedere del figlio, di poter raggiungere il cimitero. Mai di Nicola, se non per chiedere ai legali se sia ancora in carcere.