A Ceccano il piano riabilitativo di messa alla prova di soggetti sottoposti a procedimenti per reati minori, funziona. Il Comune è stato tra i primi del Basso Lazio ad avere firmato la convenzione con l'Ufficio esecuzione penale esterna del Ministero della Giustizia per il nuovo istituto giudiziario riabilitativo. Una proficua collaborazione con Patrizia Romano dell'Uepe di Frosinone. Mesi di scrupoloso e attento lavoro, hanno portato a un risparmio per il Comune di Ceccano di 60.000 euro. Dieci sono state le unità lavorative assegnate dall'Uepe, per un totale di 2.836 ore lavorate, per la manutenzione del muro perimetrale del cimitero comunale, per il decoro urbano, per la tinteggiatura delle scuole e per la manutenzione degli impianti sportivi. Il tutto coordinato da Filippo Sodani, dirigente del V settore del Comune.

Un'intuizione dell'assessore Mario Sodani e del consigliere Marco Mizzoni, entrambi di Patto Civico, che spiegano: «Un lavoro di reinserimento umano e sociale associato a un risparmio nella gestione economica per la città. Una promozione della persona protesa a un nuovo umanesimo democratico, per il bene della collettività ceccanese, che mette al centro l'uomo consentendo a chi è sottoposto a procedimenti per reati minori, che non mettano a repentaglio e in discussione la sicurezza cittadina, di scontare la pena in prestazioni gratuite di lavoro a favore della comunità locale. Una sorta di riconciliazione tra lo Stato e il cittadino che è in corso in errore, nella prospettiva di evitare l'ingresso in un circuito più afflittivo. Un'iniziativa concreta di profondo senso civico».

A spiegare nel dettaglio in cosa consiste la messa alla prova è l'avvocato Giovanna Liburdi di Patto Civico: «È un procedimento alternativo di definizione del processo penale, accessibile una sola volta nella vita, volto al reinserimento nella società del soggetto imputato di reati di minor allarme sociale, ossia puniti con la pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione e per specifici delitti previsti dal codice di rito».

Qual è lo scopo?
«Ottenere la dichiarazione di estinzione del reato, sentenza che a dopo la recente pronuncia della Corte Costituzionale (n. 231 del 2018) non è più iscritta sul certificato generale e sul certificato penale del casellario giudiziale. Lungi dall'apparire quale istituto esclusivamente a effetto premiale per l'autore di un reato, nella realtà impone una serie di prescrizioni e obblighi per chi vi accede. L'autore del reato è chiamato, infatti, oltre che a una mediazione con la vittima, a "ripagare" lo Stato per la condotta illecita contestata tanto che unitamente alla richiesta di accesso alla M.A.P. è tenuto ad allegare un "programma di trattamento" tra le cui prescrizioni rilevano quelle dirette all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e, ove possibile, al risarcimento del danno in favore della persona offesa, nonché alla prestazione di lavoro di pubblica utilità o attività di volontariato in enti, onlus, aziende sanitarie oppure organizzazioni di assistenza».

Chi riveste un ruolo centrale nel procedimento per M.A.P.?
«L'Ufficio di esecuzione penale esterna (U.E.P.E.) sin dall'istanza di accesso da parte dell'imputato; è l'ufficio deputato ad accogliere la richiesta di redazione del programma, alla sua materiale redazione e alla sua trasmissione all'autorità giudiziaria, alla identificazione e valutazione della struttura presso la quale svolgere il lavoro di pubblica utilità, al controllo sul rispetto delle prescrizioni, sino alla redazione della relazione finale sull'andamento della messa alla prova. È sulla scorta della relazione che il Tribunale deciderà l'esito del procedimento: qualora, infatti, il giudizio fosse positivo, pronuncerà sentenza di estinzione del reato, se negativo sarà emessa ordinanza di revoca della M.A.P. che, divenuta definitiva, comporterà la ripresa del procedimento penale nei confronti dell'imputato». L'accesso all'istituto della M.A.P. ha avuto un effetto deflattivo per la giustizia penale.