Nicola Feroleto e Donatella Di Bona restano in carcere con l'accusa di aver ucciso il figlio. La ventottenne prima finge un investimento, poi confessa. Il quarantottenne dice di non essere lì quando Gabriel perde la vita, poi chiede un alibi alla convivente di Villa Santa Lucia perché la sua ricostruzione ha dei "buchi". E finiscono entrambi in carcere.

Il Riesame rigetta i ricorsi delle difese proprio nel giorno in cui il Ris varca, dopo ventuno giorni, l'ingresso dell'abitazione di Gabriel per non tralasciare nulla sugli ultimi istanti di vita del piccolo. Tra quarantacinque se ne conoscerà la motivazione: a sostanziare l'esigenza della misura cautelare il gip Scalera aveva indicato la possibile reiterazione del reato e la pericolosità sociale degli indagati. Una decisione, quella del collegio capitolino, che arriva poco prima dell'ennesimo colpo di scena: Donatella Di Bona avrebbe dichiarato di non essere stata lei. «Donatella ha realizzato quello che è successo ma le sue dichiarazioni sono poco attendibili perché frutto di condizionamenti esterni. Non ha ucciso suo figlio, di questo ne siamo più che sicuri» afferma l'avvocato Lorenzo Prospero, accanto alla sua collega Chiara Cucchi.

Che aggiunge: «Sin dal primo interrogatorio la nostra assistita ha detto di aver messo la mano sulla bocca del figlio per farlo calmare e potrebbe non essersi resa conto che il bimbo perdeva il respiro. Vedremo». «Stiamo aspettando che emergano tutti i dati info-investigativi necessari, poi proporremo la nostra ricostruzione sulla dinamica dei fatti - ha aggiunto il loro consulente, il professor Carmelo Lavorino - Riteniamo che Donatella non abbia ucciso il figlio e che non fosse sola. Ora cambieremo linea: da difensiva passeremo a una offensiva. Voglio giustizia per il bambino».

Non meno agguerriti la difesa e i consulenti di Feroleto: «L'accesso ai luoghi effettuato ieri ha permesso di evidenziare tracce suscettibili di approfondimento al cui esito potremmo fare valutazioni sensate - ha sottolineato il consulente della difesa di Feroleto, la criminologa Roberta Bruzzone - Non stiamo di certo parlando di tracce di Nicola, che a nostro avviso, anche in base al materiale utilizzato per il Riesame, non è mai entrato in casa né prima né il giorno in cui Gabriel ha perso la vita.

Per noi Feroleto è estraneo ai fatti, non ha partecipato al delitto né a livello materiale né morale. Feroleto dice che la Di Bona era molto gelosa: il fatto che lui vivesse ancora con un'altra donna forse era un problema serio. Quindi, secondo il suo punto di vista, meglio in carcere che con l'altra». «Feroleto non è un violento, non c'è a suo carico alcuna annotazione di polizia - ha dichiarato l'avvocato D'Anna - Anche i figli di primo letto di Feroleto lo hanno descritto come una persona mite. Era attento anche a Gabriel: nessun orco».

Due tracce ritenute di rilievo. Secondo indiscrezioni, una forse di natura ematica, che potrebbe appartenere a Gabriel oppure no. Ma per non incorrere in errore occorre attendere che vengano analizzate. Due gli elementi, dunque, quelli in grado di raccontare dove Gabriel sia stato ucciso con assoluta certezza.

A spiegare come ci penseranno i risultati dell'autopsia, insieme ai risultati delle indagini serratissime dei carabinieri del capitano Mastromanno e dei colleghi del tenente colonnello Gavazzi, agli ordini del colonnello Cagnazzo, che in 24 ore sono arrivati alla svolta. I militari del Ris, insieme ai colleghi del Reparto operativo di Frosinone, guidati dal maggiore Lombardi, a quelli di Cassino e Piedimonte e ai consulenti delle difese dei due indagati hanno ispezionato palmo a palmo l'abitazione dove Gabriel ha vissuto con la famiglia materna fino a ventidue giorni fa.

E dove restano ancora molte cose a raccontare la vita spensierata di un bambino di poco più di due anni: il suo trenino blu fuori da quella porta sgangherata dove qualcuno ha lasciato un lumino, forse in segno di umana pietà; i vestitini ancora stesi al sole, qualche gioco abbandonato in quei pochi metri quadrati che erano tutto il mondo del piccolo Gabriel. Con il sequestro dell'abitazione dal tetto in lamiera di via Volla tutto è stato congelato: dopo ventuno giorni esatti dalla tragedia, militari e criminologi hanno varcato quella porta per cercare prove inoppugnabili, anche nella fase processuale.

Casa passata al setaccio
Gli inquirenti coordinati dal sostituto Valentina Maisto hanno ispezionato la camera da letto e il bagno oltre a tre vani e all'esterno con la lavatrice e altri elementi d'arredo. Hanno repertato tutto quello che potrà risultare utile a chiarire dove Gabriel sia stato ucciso. In prima battuta, la scena dell'atroce delitto è stata indicata dalla procura nel campo a pochi passi dall'abitazione (e questa resta la pista privilegiata). Ma, al momento, non è possibile escludere nulla.

Ovviamente il passo successivo sarà capire ruoli e responsabilità: in carcere restano la madre del bimbo, Donatella Di Bona, e il padre, Nicola Feroleto. Accusati di concorso in omicidio volontario aggravato. Entrambi negano, cambiano versione e poi si accusano. La difficoltà nel mettere insieme ogni pezzo diventa ogni giorno più pesante ma le prove scientifiche non mentono e neppure quelle circoscritte dall'attività investigativa. E ora la parola resta tutta nelle mani del Ris.

Immortalato ogni elemento
I consulenti delle difese degli indagati, Roberta Bruzzone per l'avvocato Luigi D'Anna, difensore di Feroleto, e Carmelo Lavorino per Cucchi e Prospero - difensori di Donatella Di Bona - hanno documentato tutto con delle riprese e delle foto che serviranno a ricostruire la scena e a mettere a fuoco ogni dettaglio in apparenza di poco conto. Altri elementi, poi, sono stati captati dai medici legali il cui accesso - come per i due consulenti - è avvenuto in mattinata. I militari del Ris, invece, hanno lavorato fino a ieri sera tardi. Come in ogni accertamento irripetibile, l'accuratezza dell'analisi deve risultare prossima alla perfezione.

L'indiscrezione sulla traccia
L'indiscrezione circolata in serata sulla possibilità che tra le tracce rinvenute possano essercene anche di tipo ematico dovrà trovare conferma nelle analisi. Bisognerà, prima di tutto, aspettare i laboratori. Poi a chi - nell'eventualità - appartengano: in quella casa, lo ricordiamo, vivevano in cinque.

E uno dei familiari, diabetico, faceva anche uso di insulina. E ancora, nell'ipotesi che la traccia di sangue appartenga al piccolo Gabriel, non è possibile confermare neppure che sia legata ai momenti del delitto: durante le attività di soccorso prestate al piccolo, ad esempio, qualche traccia potrebbe essere stata lasciata. In caso contrario, il quadro cambierebbe completamente.

Comunque, l'una o l'altra ipotesi traccerebbero direttrici differenti, cavalcate dalle difese e dai rispettivi consulenti: se la morte di Gabriel fosse circoscritta in casa, potrebbe trovare sostegno l'idea dell'avvocato D'Anna e della dottoressa Bruzzone in merito alla mancanza di responsabilità del papà. Altrimenti, prenderebbe ancor più vigore la posizione della difesa della Di Bona: «Se è stata trovata in casa, e sottolineo se, qualche traccia ematica, non è a nostro avviso legata all'omicidio di Gabriel - ha commentato il criminologo Lavorino - Secondo noi il bambino è morto tra le 15 e le 15.30 in un luogo esterno all'abitazione. Si sta creando solo confusione»

di: Carmela Di Domenico