Il medico finisce sotto processo e chiede di citare l'assicurazione. Dato che, codice alla mano, non può essere lui a farlo, solleva una questione di legittimità costituzionale. La richiesta è stata avanzata nel corso di un procedimento davanti al tribunale di Frosinone dai legali di un medico di base, gli avvocati Calogero e Antonino Nobile. Il sanitario è imputato di omicidio colposo per il decesso, avvenuto lo scorso 20 giugno di un suo assistito. Il medico, in pratica, è stato chiamato in giudizio per una ritardata diagnosi sostiene l'accusa di un infarto.

La vittima, in pratica, si era rivolta al medico curante per alcuni disturbi, ma in quell'occasione -sostiene l'imputato- non c'erano i sintomi dell'infarto che poi si sarebbe manifestato qualche mese dopo con l'esito mortale. A seguito della denuncia dei familiari del paziente, il medico è stato indagato ed è finito sotto processo. A quel punto è stata sollevata dalla difesa una questione legata alla riforma del 2017, la legge Gelli, che ha modificato la responsabilità penale del medico nei casi di omicidio colposo nell'ambito dello svolgimento dell'attività professionale.

Analogamente a quanto avviene per i sinistri stradali, quando il danneggiato può rivolgersi direttamente all'assicurazione, in sede civile ora i medici possono chiamare in causa la propria assicurazione, opzione non consentita in sede penale. Dove, invece, chiamare come responsabile civile l'assicurazione possono farlo il pm e la parte civile (in questo caso l'avvocato Natalino Guerrieri), che non l'hanno fatto. Questo disallineamento tra disciplina civile e disciplina penale è stato evidenziato dagli avvocati Nobile al giudice Aurora Gallo. I legali hanno, così, sollevato una questione di legittima costituzionale sulla quale, però, il magistrato si è riservata una decisione