Cesare Battisti parla dal carcere di Oristano e ammette tutto. Una svolta, per certi versi inaspettata, dato che l'ex leader dei Proletari armati per il comunismo aveva sempre negato le accuse costate due condanne all'ergastolo. Era il 4 ottobre 1981 e Battisti era un detenuto in attesa di giudizio nel carcere di Frosinone. Quel giorno, grazie a un commando brigatista, Battisti evase insieme al detenuto Luigi Moccia, dal penitenziario di piazza Risorgimento. Lì è iniziata la sua latitanza attraverso Francia, Messico, Nicaragua, ancora Francia, Brasile, Bolivia dove è stato arrestato a gennaio e consegnato all'Italia.

Davanti al procuratore aggiunto del tribunale di Milano Alberto Nobili e alla dirigente dell'Anti terrorismo Cristina Villa, in nove ore di interrogatorio, Battisti ha ammesso la partecipazione, come partecipante o mandante, ai quattro omicidi per i quali è stato condannato in contumacia. Come, sempre in contumacia, era stato condannato (a cinque anni) a Frosinone per l'evasione.
Battisti si è chiamato in causa per tre episodi di gambizzazione,di cui per uno si è dichiarato esecutore materiale. È stato lo stesso Nobili, in conferenza stampa, a chiarire che l'ex leader del Pac non è un pentito, dato che «non ha voluto collaborare». E infatti non ha fornito elementi nei riguardi di altre persone.

È emerso anche che Battisti ha chiesto scusa alle famiglie delle vittime, sostenendo di aver compreso «il male che ho fatto». Ammissioni senz'altro importanti che potrebbero anche incidere sul regime detentivo. Nei giorni scorsi peraltro, Battisti, difeso dall'avvocato Davide Staccanella aveva chiesto di rendere applicabile l'accordo di estradizione con il Brasile per evitare di scontare l'ergastolo.