Ha parlato per due ore. Pio Riggi ha fornito la propria versione dei fatti davanti al magistrato che ne ha disposto l'arresto con l'accusa di estorsione e rapina aggravata dal metodo mafioso, nell'ambito delle pressioni ricevute dall'imprenditore di Tivoli che si era aggiudicato il diritto a eseguire, con la formula del project financing, l'ampliamento del cimitero di Ferentino. Ieri si è svolto l'interrogatorio di garanzia del consigliere comunale, eletto in una lista civica alle amministrative dello scorso anno. Per due ore, dunque, Riggi, assistito dall'avvocato Giampiero Vellucci, ha risposto al gip Flavia Costantini.

Ha fornito la sua versione sui fatti che gli vengono contestati dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma che ha coordinato le indagini dei carabinieri di Tivoli. Ha offerto anche una serie di spunti sui quali ora si concentra l'attenzione della magistratura e sui quali andranno effettuati i dovuti accertamenti e riscontri. Di più, sull'interrogatorio di Riggi, non è trapelato. Massimo il riserbo su un'indagine nella quale i tanti omissis lasciano presupporre che potrebbe allargarsi ulteriormente. Resta sul tavolo il nodo della posizione del consigliere comunale. Riggi che, nella passata consiliatura aveva la delega per occuparsi del project financing del cimitero, già quest'oggi potrebbe decidere se fare un passo indietro e dunque se dimettersi o meno dall'assise cittadina.

L'operazione era scattata giovedì mattina, quando la Dda di Roma ha dato esecuzione a cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere che hanno riguardato oltre al consigliere Riggi anche il cugino Luciano Rosa, 64 anni, anch'egli di Ferentino, ma domiciliato a Roma. Come pure di Roma è l'altro arrestato Emiliano Sollazzo, 30. Sono di Napoli Ugo Di Giovanni, 44, e Gennaro Rizzo,46. Secondo le accuse Riggi avrebbe preteso dal titolare della ditta che deve realizzare l'ampliamento del cimitero, Lorenzo Scarsella, il pagamento di una tangente da 300.000 euro. Scarsella, però, a lungo si è rifiutato di sborsare quella cifra.

Finché l'intervento del clan camorristico, per l'accusa su sollecitazione del consigliere comunale, non ha determinato il pagamento da parte di Scarsella di una prima tranche di 44.000 a fronte di una richiesta che il gruppo di napoletani, per il disturbo, avrebbe innalzato a un milione di euro. Con tanto di offerta di protezione all'imprenditore che, a quel punto, si è ribellato e ha denunciato tutto, dando così il là all'inchiesta. Un'inchiesta condotta a tempo di record, il che giustificherebbe i tanti omissis e l'esigenza di compiere ulteriori accertamenti.