L'argomento è stato sollevato di recente da Vittorio Coletti, accademico della Crusca sceso in campo dalla cattedra aurea della disciplina morfosintattica per spartire il traffico della convenzione colloquiale. Pronto quasi ad ammettere di essere associato persino ai fiocchi d'avena e al riso soffiato, il linguista ha manifestato un'indulgenza rivoluzionaria lanciando un segnale da non credere. Abbandonate le vesti di censore severo, ha sbottonato il cravattino per abbassare il registro e pronunciarsi in merito ad una questione da sempre dibattuta, difesa strenuamente tra le mura domestiche del Meridione e cassata con disgusto dai puristi della lingua.

"Scendere il cane", "Sedere il bambino", "Uscire la spazzatura": se lo dite da oggi vi si perdona. Sono questi solo alcuni degli esempi incriminati, figli di quella tendenza ereticamente popolare di trasformare i verbi intransitivi accollandogli un complemento oggetto, incuranti di ogni preposizione. Roba da libri di scuola ma la chiacchiera è un'altra cosa, e tra una parola e l'altra nella lingua parlata l'inesattezza sfuma prima che si possa accalappiare la papera e spedirla alla gogna degli analfabeti…

Occhio non vede, cuore non duole, si sa, e il detto vale anche per gli implacabili professoroni dell'accademia fiorentina che ora sanciscono la libertà di parola, sia pure essa sgrammaticata, purché non si scherzi sullo scritto. Perché in quel caso l'oltraggio sarebbe un atto vandalico impossibile da soprassedere. Se per la conversazione quotidiana infatti lo snobismo dei dotti si allenta, è sulla lingua in forma scritta che ancora si batte la caccia all'orrore, bandito e pluricerchiato da penne rosse affilatissime.

‘'Scendi la pasta che arrivo'', "Rientra il bucato che piove", "Sali la spesa che pesa". L'Istituto di previdenza lessicale della Crusca, ufficio legale di Dante e Boccaccio, Inquisizione della grammatica proibita si addolcisce e asseconda nei limiti del consentito una pratica frequente, sbeffeggiata negli spettacoli di cabaret stile Checco Zalone e ribadita dagli ‘'scenditori di cani'' e ‘'salitori di spesa'' ogni giorno. Abitudine gergale di certo più facile da legittimare che da correggere, poiché la lingua - volente o nolente - si trasforma sulle labbra di chi la parla, anche se male.

L'evoluzione d'altronde - lo "avrebbe uscito" anche Darwin dalla sua bocca sapiente - consiste nell'adattamento ad un comportamento condiviso, e proprio per questo la Crusca si dimostra clemente avvallando il cambiamento, disposta a promuovere locuzioni orripilanti nel parlato corrente, da bocciare tassativamente sui temi di scuola.

Il Prof. Marazzini si fa prestare la matita bicolore per rimarcare il confine tra gentile concessione e abominio categorico: "Di fronte alle tendenze del parlato il linguista è sensibile perché tenta di cogliere il mutamento in atto, ma il grammatico no e si erge a limite invalicabile". "Apri il citofono che hanno suonato'', ‘'Esci la macchina dal garage'', ‘'Scendimi il piumone che sta lassù nell'armadio''

La lingua batte dove lo strafalcione insiste e nel marasma generale di anarchia ortografica, in cui piovono apostrofi q.b., la punteggiatura è casual e il vade retro congiuntivo sostituisce l'esorcismo di Satana, formule radicate come questa dell'intransitivo storpiato sono accolte al banchetto dell'italiano corretto come ospiti genuini e imbarazzanti.

Verba volant, scripta manent: sulla rampa di lancio una miriade di erroracci agghiaccianti decollano per poi disperdersi nel vento mentre sul foglio la sorveglianza resta implacabile, il radar del correttore vigile come un cecchino e se lo svarione persiste toccherà a qualcuno il privilegio di suggerire ‘'esci i fazzoletti che la maestra piange''.

A questo punto più che di grammatica ne farei una lezione di educazione. Dopo tutti questi comandi, perdipiù intransitivi, se non altro andrebbe imposto l'obbligo del ‘'per favore''.