In una causa di divorzio si può sapere quanto la propria ex moglie o il proprio ex marito dichiarano al fisco. Soprattutto se questi dati servono per difendersi in giudizio. Il Tar del Lazio, sezione di Latina (presidente Antonio Vinciguerra, estensore Antonio Massimo Marra), ha ribadito «il diritto del coniuge, anche in pendenza del giudizio di separazione o divorzio, di accedere alla documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale dell'altro coniuge, al fine di difendere il proprio interesse giuridico, attuale e concreto, la cui necessità di tutela è reale ed effettiva e non semplicemente ipotizzata».

La decisione arriva su richiesta di un contribuente ciociaro che si era visto negare, dall'Agenzia delle entrate di Frosinone, il diritto di accesso agli atti relativi alla dichiarazione dei redditi del coniuge e delle sue figlie maggiorenni. Il ricorrente aveva giustificato la sua richiesta con la necessità di potersi difendere, davanti al tribunale civile di Frosinone, nella causa contro l'ex coniuge per ottenere una modifica delle condizioni di divorzio. Il contribuente intendeva così dimostrare che moglie e figlie «svolgerebbero attività lavorativa, in via continuativa».

Il ricorrente lamentava l'illegittimità del diniego all'accesso per «violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità». Il Tar di Latina, investito della questione, ha argomentato che il diritto d'accesso è un «vero e proprio diritto soggettivo», che il giudizio in tema di accesso è «d'accertamento sulla sussistenza o meno di un diritto soggettivo all'accesso». E che per far valerlo «si richiede l'attualità, la personalità, la concretezza e serietà». E che è «necessario procedere ad un'attenta ponderazione dei valori in conflitto».

E dunque l'accesso si può «esplicare tutte le volte in cui tale richiesta risulti necessaria per la difesa di un proprio diritto in sede giurisdizionale». Ecco allora che «le dichiarazioni dei redditi rientrano nell'ampia nozione di documento amministrativo, trattandosi di atti utilizzabili dall'amministrazione finanziaria per l'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, ancorché non formati da questa».

Per cui «non è possibile sostenere né che si tratta di atti interni privi di ogni rilevanza giuridica, né che si tratti di mere informazioni». Quindi l'interesse del coniuge, «attuale e concreto alla cura dei propri interessi in giudizio si presenta sicuramente qualificato, quantomeno con riferimento all'altro coniuge, nei cui soli riguardi - e non già anche con riferimento alle figlie - è stato proposto un giudizio in sede civile per la revisione degli accordi divorzili».

Da qui la pronuncia favorevole con ordine all'Agenzia delle entrate di rilasciare, entro trenta giorni dalla comunicazione della sentenza, una copia della documentazione reddituale relativa al coniuge, ma non quella delle figlie. I giudici hanno anche condannato la direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate a mille euro di spese processuali