Cinque ore di testimonianze con tanti non ricordo, numerose contestazioni e qualche elemento a supporto dell'accusa. La nona udienza in Corte d'assise a Frosinone del processo per la morte di Emanuele Morganti, a carico di Franco e Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna, tutti detenuti, si è svolta nel solco delle precedenti. Il refrain è di testimoni che riferiscono solo parte di quanto dichiarato ai carabinieri nelle indagini preliminari, pur con qualche eccezione di chi ha detto oltre quanto riportato nelle sommarie informazioni.
Un atteggiamento giustificato dal trascorrere del tempo o, come emerso nella giornata di ieri, dall'insorgere di problemi di salute. Ma che rallenta la ricostruzione dei fatti e costringe le parti a far riferimento, con le contestazioni, a quanto dichiarato nell'immediatezza dei fatti dagli stessi testi. Di tre degli otto testimoni previsti ieri sono state acquisite le sommarie informazioni senza domande.A cominciare dalla sorella di Emanuele, Melissa. Di un altro paio chieste precisazioni in merito alla lite iniziata all'interno del Miro. Argomento poi sviscerato abbondantemente con il teste Giuseppe Treppiccioni. Al quale però il pm Vittorio Misiti e i difensori hanno posto domande soprattutto su quanto avvenuto all'esterno.
«Io stavo poggiato all'angolo dell'auto su cui ha sbattuto Emanuele».Prima ancora il pm gli ha chiesto lumi su una frase pronunciata da uno dei buttafuori con riferimento al fatto che qualcuno avesse tirato fuori un ferro. «Ho subito pensato a un'arma da fuoco», ha replicato il teste. Il pm si è poi concentrato sulla caduta di Emanuele. «Ho sentito la macchina che si è mossa». Altri particolari il teste non ha ricordato, giustificandosi per motivi di salute. Il pm gli ha letto allora quanto scritto nel verbale reso ai carabinieri ovvero che Emanuele «correva barcollando», che era inseguito da «3-4 persone» e che «quando è caduto sembrava privo di sensi». Sugli aggressori il teste ha ricordato di essersi messo in mezzo quando Emanuele era già a terra, che uno di questi lo afferrava al collo e lui per risposta lo schiaffeggiava. Ma l'uomo non è stato in grado di memorizzarne la faccia nonostante un post su Facebook nell'immediatezza dei fatti in cui sosteneva che non avrebbe dimenticato quel volto.
Il pm Misiti lo ha incalzato riferendosi alle dichiarazioni rese ai carabinieri nelle quali si faceva riferimento a una persona corpulenta. «Era Mario Catagnacci?» ha chiesto il pubblico ministero. «Se l'ho riconosciuto allora, sarà stato lui», la replica del teste. Il presidente della corte, il giudice Giuseppe Farinella ha fatto alzare Mario Castagnacci. «Potrebbe essere lui», ha aggiunto il testimone. All'avvocato di parte civile Enrico Pavia, ha detto che all'arrivo dei carabinieri ci fu un fuggi fuggi. A chiarimento l'avvocato Bruno Giosuè Naso ha ricordato al teste la descrizione di un secondo aggressore, di corporatura più piccola. Anche qui altri «non ricordo». Sentito pure un amico di Franco Castagnacci, Giorgio Boezi che, poi su domanda del pm, ha riferito di esser stato, recentemente, condannato in primo grado per droga insieme allo stesso Castagnacci. All'avvocato Marilena Colagiacomo, questi ha detto che Franco si lamentava per una botta ricevuta alla schiena, forse con un manganello e che sosteneva di essersi frapposto tra i litiganti. Secondo l'amico, Franco era preoccupato per il figlio. Alle domande dell'avvocato Christian Alviani, Boezi ha spiegato di esser stato chiamato la stessa notte dell'accaduto, da Franco per riportare a casa due ragazze che stavano con Franco.
Quindi l'ultimo teste, Pierluigi Frocione. «Ho visto che Emanuele scappava mentre scendeva dalla piazza e cercava la ragazza», ha detto. Su quanti lo inseguissero e se fosse stato aggredito pure dopo la caduta il pm, dopo un paio di «non ricordo», gli ha citato la deposizione nella quale riferiva di 3-4 persone e che il ragazzo di Tecchiena era stato colpito a calci e pugni pure quando era stramazzato. Su un'altra contestazione, è stato chiamato a riferire sull'identificazione di Mario Castagnacci nella persona robusta che ha colpito Emanuele.
Sul punto ha insistito anche l'avvocato Massimiliano Carbone (codifensore con Angelo Bucci) che chiedeva come mai solo al terzo interrogatorio il teste avesse fatto riferimento a Mario.
Infine il teste ha dichiarato di aver visto Franco reggere Gianmarco Ceccani, l'amico che tentava di soccorrere Emanuele.