Un detenuto con problemi di deambulazione che aspirava a lasciare la struttura detentiva e un medico che avrebbe dovuto firmargli il certificato compiacente. Sono i protagonisti della storia che ha portato, ieri mattina, il gup del tribunale di Frosinone Antonello Bracaglia Morante a rinviare a giudizio il recluso, C.C., romano, e il professionista G.V. che lavora con la struttura detentiva.

Stando alle accuse, raccolte da un detenuto non coinvolto nell'inchiesta, si potevano versare dai tremila ai cinquemila euro a un altro recluso per ottenere dei favori tra i quali, appunto, un certificato medico compiacente per ottenere un trasferimento in altra sede. Uno degli ospiti della casa circondariale avrebbe millantato conoscenze con il medico. Le voci si sarebbe fatte più insistenti quando C.C. aveva ottenuto dei presidi per far fronte alle precarie condizioni di salute. Da qui sono partite le indagini che si sono avvalse anche delle intercettazioni ambientali, effettuate in carcere. E uno dei colloqui intercettati ha interessato il detenuto ieri rinviato a giudizio. Era in parlatorio con il padre. Il primo chiedeva al genitore di avvicinare il professionista. Stando alle accuse nel colloquio si sarebbe parlato di soldi. Ma, contro il medico, a parte le dichiarazioni di un detenuto, non ci sarebbero riscontri.

Tuttavia, il gup, riferendosi a una sentenza della Cassazione, ha ritenuto di non poter entrare nel merito e ha disposto la verifica dibattimentale delle accuse. Accuse sempre respinte dal medico, assistito dall'avvocato Nicola Ottaviani. I reati contestati sono di corruzione e falso per il dottore e corruzione per l'altro, tuttora detenuto, che è difeso dagli avvocati Giulia Giacinti e Rosario Grieco. Nella precedente udienza il medico si era fatto interrogare per spiegare al giudice di non aver favorito il detenuto, di non avergli firmato alcuna dichiarazione attestante l'assoluta incompatibilità con il regime carcerario. In più il medico aveva aggiunto di aver sempre denunciato qualsiasi tentativo di avvicinamento da parte di detenuti.

Secondo la tesi della procura, rappresentata ieri in aula dal pm Barbara Trotta, nel 2015, il medico ne avrebbe certificato le difficoltà nella deambulazione sollecitando, per tre volte, il trasferimento in una struttura non detentiva.