Un sistema per essere ricoverati senza passare per il pronto soccorso. È quanto la procura contesta a dodici medici in servizio all'ospedale di Frosinone. I sanitari sono accusati di aver attestato falsamente l'urgenza del ricovero senza verificare le reali condizioni di salute dei pazienti. E anzi, in alcuni limitati episodi, sono stati ipotizzati i reati di induzione indebita a dare o promettere utilità, truffa, abuso d'ufficio e peculato.

L'inchiesta, per gli anni 2013-14, nasce dalle segnalazioni di pazienti in fila al pronto soccorso che hanno portato i carabinieri del Nas a effettuare accessi e verifiche in ospedale. In dodici sono stati indagati e ieri si è aperta l'udienza preliminare. Davanti al giudice Ida Logoluso l'Asl di Frosinone si è costituita parte civile attraverso l'avvocato Valerio Tallini. I medici, assistiti dagli avvocati Natalino Guerrieri, Domenico Marzi, Marco Pizzutelli, Antonio Perlini, Giampiero Quadrini, Marco Zangrilli e Leone Zeppieri, contestano le accuse. Tre di loro hanno chiesto il rito abbreviato condizionato all'esame dei diretti interessati nonché di un consulente medico-legale. Il magistrato ha accolto la richiesta di abbreviato e ha rinviato l'udienza ad aprile.

Nove dirigenti medici in servizio nei reparti di Ortopedia, Malattie infettive, Chirurgia, Pronto soccorso, Cardiologia e Urologia dell'ospedale Spaziani sono accusati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale per aver attestato «falsamente», sostiene la procura, l'urgenza del ricovero di pazienti «al fine di velocizzare il ricovero stesso e senza aver proceduto a visita per attestarne la condizione clinica». In altri casi i beneficiari sono persone per le quali era programmato, previo inserimento nelle liste d'attesa, il ricovero in elezione; in un altro caso attestato «falsamente», per l'accusa, nella cartella clinica la necessità di un ricovero urgente per una paziente inserita in lista d'attesa per i ricoveri al numero progressivo 758 con conseguente attestazione del pronto soccorso.

A un ortopedico, invece, è stata contestata l'induzione indebita per aver indotto - sostiene l'accusa - un paziente a versargli indebitamente 100 euro nonché 250 euro a un infermiere, non identificato, per ottenere medicazioni post operatorie «che sarebbero state invece erogate gratuitamente a carico del servizio sanitario». Allo stesso medico è contestata la truffa per aver fatto credere - ritiene l'accusa - alle figlie di una paziente l'opportunità di «procedere privatamente alle medicazioni post operatorie», anche queste rientranti nelle prestazioni erogate gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale. Le stesse sarebbero state indotte in errore a versare 400 euro per quattro visite domiciliari e 180 euro per due visite nello studio privato.

A un cardiologo è imputato l'abuso d'ufficio per non aver avviato il paziente alla normale procedura degli interventi programmati e quindi per averne favorito il ricovero d'urgenza dopo averlo visitato privatamente. In un altro caso, ancora, a un medico di urologia è contestato il ricovero urgente di una paziente, caso trattato in risposta al pronto soccorso quando la donna non era mai transitata per lo stesso. Infine, un altro urologo, autorizzato a svolgere l'attività intramoenia, è accusato di peculato per essersi appropriato di 50 euro, pagate da un paziente, e che invece erano dovute all'Asl.