Non è un mestiere ma una missione. Notti, giorni, settimane e settimane lontano da casa, per aiutare chi rischia di morire per malattie banali, curabili con semplici medicinali. Medicinali che però non sempre sono a portata di mano. In quelle terre lontane anche per portare sorrisi e abbracci. E nell'esercito di volontari, medici, infermieri che raggiungono l'Africa per dare il loro grande aiuto, c'è anche una giovane di Boville Ernica, Ambra Berardi, 25 anni.
Ambra ha iniziato a lavorare come infermiera tre anni fa; per due anni in assistenza domiciliare occupandosi di pazienti Sla e bambini affetti da Sma, atrofia muscolare spinale; da un anno lavora a Roma sempre nell'assistenza domiciliare e al policlinico Casilino. Quello della missione in Africa era un sogno che aveva da tempo e lo ha realizzato partendo per il Togo con l'associazione Aviat (associazione volontari italiani amici del Togo). L'abbiamo incontrata al suo ritorno e prima di raccontarci il suo viaggio ha tenuto a ringraziare i compagni di viaggio, Gianfranco, Vanessa, Antonio, Roberto, Andrea, Federica, Teresa, Carlo e la signora Pina che li ha seguiti da lontano.
Cosa l'ha spinta ad andare in Africa?
«Era un mio sogno. Sono partita con l'associazione Aviat. Una missione rivolta a medici e infermieri con l'intento di donare assistenza e cure gratuite agli abitanti del Togo dove tutta la sanità è a pagamento».
La sua giornata come si svolgeva?
«La giornata iniziava la mattina presto. Con il gruppo mi recavo nelle strutture religiose e nei villaggi. Lì ci aspettavano tantissime persone: donne bambini e anziani. L'impatto con la realtà è stato duro, molto forte e toccante nonostante io fossi già particolarmente preparata. Il primo giorno ho pianto, toccando con mano la vera realtà, ma con il passare dei giorni ho capito che li c'era bisogno di donare amore e i nostri bambini voleva vedere i nostri sorrisi e non le nostre lacrime. Non è facile descrivere a parole quello che si prova stando lì, non è facile spiegare quello che si prova guardando dentro gli occhi dei bambini».
Quante persone visitavate al giorno?
«Oggi giorno abbiamo visitato 150-200 persone. Effettuato screening del diabete con la rilevazione della glicemia, misurazione della pressione arteriosa. Abbiamo distribuito farmaci che abbiamo portato dall'Italia, grazie al contributo delle persone italiane con la raccolta farmaci in diverse farmacie. Abbiamo assistito molto bambini, donne e anziani. Abbiamo effettuato anche test della malaria, una delle malattie più comuni dell'Africa. Poi con il nostro team abbiamo effettuato controlli generali; il nostro ginecologo ha controllato le donne in dolce attesa e il dentista effettuato estrazioni dentali».
Ci tornerebbe?
«Tornerò sicuramente in Africa l'anno prossimo. Anche perché a distanza di tre settimane dal mio rientro ancora mi emoziono vedendo le foto. Solo chi ha vissuto l'Africa può capire, ti rapisce il cuore senza che tu te ne accorgi».
Un aneddoto che le va di raccontarci...
«Un giorno ci siamo recati in un villaggio con delle moto taxi perché la strada per arrivare lì era impraticabile con il pullman. Così, dopo aver percorso 11 km siamo arrivati in questo villaggio. Ci siamo presentati al capo villaggio e ci hanno accolto con amore e gioia. Da lì abbiamo percorso un tratto molto lungo a piedi e ci hanno portato a vedere la raccolta dell'acqua, piovana, e lì, purtroppo, i bambini, ma come il resto del villaggio, bevono proprio quell'acqua. Sono rimasta sconvolta. Le famiglie ripetevano "i nostri bambini muoiono perché bevono acqua inquinata». Lì sono morta dentro, perché non è possibile che ancora oggi si può morire così. La nostra associazione ha promesso a queste famiglie che in quel villaggio verrà realizzato un pozzo non appena sarà possibile. È stata una promessa che Aviat manterrà. E voglio sottolineare l'onestà di tante associazioni che credono davvero in quello che fanno e lo fanno perché operano con il cuore. Ad esempio tutto quello che viene donato dall'Italia all'associazione, arriva in Togo, e questi fondi vengono gestiti nella realizzazione di pozzi, dispensari e così via». E Ambra ora ha tanta voglia di tornare in Africa perché «l'Africa ti rapisce il cuore. Amo regalare sorrisi a chi è meno fortunato di me e loro meritano il nostro sorriso».