Incastrato da una ferita che si era prodotto in carcere. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per rapina al frusinate Paolo Valenti, 56 anni, riducendo tuttavia la pena in sei anni e otto mesi di reclusione. Valenti era stato condannato dal tribunale di Firenze, nel 2014, per una rapina, in concorso con una persona rimasta ignota, all'agenzia di Bagno a Ripoli della Cassa di Risparmio di Firenze il 30 agosto 2004. Inoltre era stato condannato per un'altra rapina alla Banca Toscana di Impruneta il 15 novembre 2004. Contestata la recidiva e la continuazione con i reati già giudicati con la sentenza del gip di Firenze del 1 giugno 2005, irrevocabile nel 2006, gli era stata aumentata la pena, inflitta con quest'ultima condanna, a 7 anni e 6 mesi.Così rideterminandola pena complessiva in 12 anni e mezzo.

Valenti aveva proposto appello e, in secondo grado, i giudici avevano ricalcolato la pena inflitta in continuazione in sette anni e otto mesi. A sua volta Valenti aveva impugnato quest'ultima decisione, contestando una riforma in peggio dellasentenza atteso chela pena in realtà era di cinque anni e non di sei, come risulta dal dispositivo dell'appello. Contestate le modalità con le quali era stata effettuata la comparazione del Dna. Ovvero da alcuni reperti trovati sul luogo della fuga in un cassonetto dal quale erano stati recuperati una parrucca, un calza di nylon, due guanti di lattice e un cappellino da baseball. Il Dna estrapolato era stato comparato con le tracce di sangue su un asciugamano con il quale Valenti si era tamponato una ferita procurata nel carcere di Prato dove, nel frattempo, era detenuto.

La Cassazione ha rilevato che entrambe le sentenze «hanno confermato» la responsabilità del condannato «quale autore materiale della rapina» del 30 agosto 2004 nella filiale di Bagno a Ripoli. La Corte (relatore il giudice Pierluigi Cianfrocca, presidente Geppino Rago) ha considerato che dalla lettura delle dichiarazioni testimoniali tribunale e Corte d'appello avevano acquisito la «certezza della riferibilità del sangue al Valenti» e che era stata esaustivamente motivata sia la parte relativa alla "catena di custodia" dell'asciugamano, ma anche «sulla certa appartenenza al Valenti del sangue».
Quanto all'altra parte del ricorso c'è stato accoglimento: la Cassazione ha riferito di una svista in cui è incorsa la Corte d'appellonel determinarela pena base, che è di cinque e non di sei anni. Di conseguenza, applicato l'aumento disposto dalla Corte d'appello, la pena finale è stabilita in sei anni e otto mesi.