Emanuele colpito con un calcio alla schiena da un giovane alto, muscoloso e con un maglione bianco. È l'identikit fornito da uno dei testimoni sentiti ieri, presso il Tribunale di Frosinone, nel processo per l'omicidio di Emanuele Morganti. È stata la testimonianza più importante, anche se lo stesso non è stato in grado di associare a quella figura né un volto né un nome. Sotto processo, per omicidio volontario, ci sono Mario e Franco Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna, difesi ieri in aula dagli avvocati Angelo Bucci, Massimiliano Carbone, Marilena Colagiacomo, Christian Alviani e Martina Di Liberatore. Per la famiglia di Emanuele, parte civile, è l'avvocato Enrico Pavia.

È stato il procuratore Giuseppe De Falco, in aula con il sostituto Vittorio Misiti, a introdurre le domande al primo teste, Massimiliano Caponera. Dopo aver dichiarato di aver visto Emanuele portato fuori dai buttafuori del Miro ha aggiunto: «Due lo colpivano e lo allontanavano». Il pm gli ha chiesto se cercava di opporsi ai buttafuori. E, dopo avergli contestato quanto dichiarato in fase di indagine, ha riferito che «sentivo che urlava e tentava di liberarsi» per poi aggiungere che Morganti aveva la maglietta strappata e che era inseguito.

In quei frangenti «Emanuele era picchiato», ma il teste non ha specificato chi fosse ad aggredirlo. «Ho visto un pugno in testa e alcuni calci. Barcollava», ha detto. Incalzato ancora di più, ha confermato quanto dichiarato ai carabinieri e cioè che Emanuele faceva movimenti scoordinati. Sempre a confronto con quanto dichiarato all'epoca, ha detto che Emanuele era seguito da tre giovani. Ma soprattutto ha confermato che «quello alto, con una corporatura muscolosa e un maglione bianco gli sferrava un calcio ed Emanuele cadeva sbattendo il capo». Il pm ha insistito: «Non riusciva a opporre resistenza?» Il teste ha risposto affermativamente. Poi ha aggiunto di aver girato intorno all'auto contro la quale Emanuele aveva sbattuto e ha chiamato i soccorsi. Quindi, ha confermato di aver visto Mario Castagnacci avvicinarsi a Emanuele. «Era tra quelli che lo picchiavano?», ha voluto sapere il pm. E anche qui la risposta è stata affermativa. A quel punto è intervenuto il presidente della Corte d'assise, Giuseppe Farinella, che ha domandato se c'era qualcuno a infierire su Emanuele. «Non l'ho visto», la risposta.

Gli è stato chiesto di riconoscere il giovane alto e muscoloso con la maglia bianca. «L'ho visto in faccia, ma non l'ho focalizzato», ha risposto. Il pm gli ha ricordato quanto disse ai carabinieri con una frase detta da una ragazza (anch'essa non riconosciuta): «Così impari a toccare a mio fratello». Il teste ha confermato la presenza di Paolo Palmisani e che qualcuno gli aveva detto di andarsene. Frase contestata dallo stesso Palmisani che ha sostenuto che non fosse rivolta a lui. Su Franco Castagnacci, il teste ha spiegato che «picchiava e veniva picchiato». Sul punto l'avvocato Colagiacomo, difensore di Franco, ha chiesto perché ai carabinieri aveva riferito di non sapere gli spostamenti quando ieri ha attribuito a Franco un ruolo preciso. Al che il presidente della Corte ha chiosato: «Resta questa contraddizione che verrà valutata». Gli avvocati Bucci e Carbone hanno chiesto chiarimenti sul gruppo, dato che il teste ha accennato a più persone salvo indicare tre nomi.

Tra le altre deposizioni, Alessandro Della Morte ha detto di essere stato colpito dall'indifferenza di una ragazza e di aver sentito Mario Castagnacci chiamare Paolo due volte. E qui la difesa di Palmisani e Castagnacci ha contestato che la dichiarazione non emerge nel primo interrogatorio.