Ricorso contro il sequestro, finalizzato alla confisca, di un patrimonio da 800.000 euro. Davanti al tribunale di Frosinone, sezione misure di prevenzione, si è svolta l'udienza per discutere del provvedimento di sequestro, emesso dallo stesso tribunale di Frosinone, contro il "clan Di Silvio" nello scorso luglio. Il provvedimento nasce da un'indagine per droga, condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Frosinone, che ha portato anche a delle condanne a sei e sette anni, e dalla sproporzione tra i redditi dichiarati (spesso zero) e il patrimonio della famiglia Di e De Silvio.

L'indagine era stata avviata nel 2010 e il processo si concludeva nel maggio del 2016 con pesanti condanne a sette anni, sei anni, cinque anni più altre a pene minori. Da lì sono partite le indagini finanziarie condotte dalla polizia tributaria dalle quali è emerso, come ricostruito dal tribunale, che «negli ultimi quindici anni i proposti non hanno mai presentato dichiarazione dei redditi». A parte «modestissimi redditi percepiti quale remunerazione del lavoro prestato in carcere».
Le conclusioni del tribunale che hanno portato al sequestro si basano sul fatto che gli interessati «risultano possedere beni immobili e veicoli del tutto sproporzionati rispetto allo status di disoccupati».

E quindi «può desumersi proprio da tale rilevante sproporzione un significativo indizio sulla provenienza dei beni da attività illecita, indizio di per sè sufficiente per disporre, allo stato degli atti, il richiesto sequestro». Il sequestro ha interessato terreno con abitazione abusiva a Terracina del valore di 250.000 euro, terreno con abitazione a Frosinone di 330.000 euro, due terreni con case a Ferentino per 160.000 euro totali, un'abitazione a Frosinone da 350.000 euro. Nonché i veicoli: due Mercedes, una Bmw, una Renault Megane, una Opel Tigra, una Volkswagen Golf, uno scooter Piaggio X9, una Citroen Saxo e una C3, una Peugeot 107, una Fiat Punto e una Uno e conti per 83.607 euro in fondi d'investimento più altri 6.975 in contanti. Gli avvocati Luigi Tozzi, Emanuele Carbone e Tony Ceccarelli hanno impugnato il provvedimento per tentare di evitare la confisca. L'udienza che si è celebrata l'altro giorno, è stata aggiornata a gennaio per la complessità della questione e anche per il subentro di un nuovo difensore.