C'è anche il responsabile legale del consorzio Postemotori tra gli arrestati dell'operazione Postemotori. Mauro Giammaria, ciociaro di Alatri, ex dirigente di Poste italiane, è tra i destinatari delle nove misure cautelari, eseguite nelle prime ore di ieri dai finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza di Roma. A conclusione di una complessa attività d'indagine, coordinata dalla procura di Roma, sono state eseguite tredici misure, di cui tre in carcere e sei agli arresti domiciliari. Mentre ad altre quattro persone è stato imposto, per un anno, il divieto di esercitare attività d'impresa. Le accuse contestate vanno, a vario titolo, dall'associazione per delinquere, emissioni di false fatture, riciclaggio e bancarotta fraudolenta. Sequestrati beni, tra cui immobili, autovetture e denaro per 15 milioni di euro.

Nel mirino degli uomini del tenente colonnello Maurizio Querqui è finito un appalto pubblico, da 490 milioni di euro, affidato nel 2014 dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti a un consorzio d'impresa, Postemotori. Questo consorzio, al cui vertice c'è Giammaria, aveva la gestione e rendicontazione dei pagamenti effettuati dagli automobilisti, attraverso i bollettini postali, per le revisioni delle autovetture, ma anche altre pratiche auto quali immatricolazioni, collaudi, emissioni e rinnovi della validità delle patenti di guida. Su questi bollettini, infatti, il consorzio aveva diritto a una quota a titolo di remunerazione del servizio offerto. Stando alle accuse, sarebbe stata creata, da parte di una società consorziata, una provvista di fondi neri, che, poi, in contanti, venivano trasferiti da due soggetti della società nelle mani di un collettore.

Era quest'ultimo stando a quanto accertato dal Nucleo di polizia valutaria a custodire il denaro, prima in una cantina di proprietà, quindi in una cassetta di sicurezza dove, nel corso di una perquisizione, le Fiamme gialle hanno trovato circa mezzo milione di euro. A Giammaria, finito in carcere, la procura di Roma ha contestato i reati di associazione a delinquere e riciclaggio. Le indagini hanno consentito di verificare in capo a una delle società, poi dichiarata fallita dal tribunale di Roma lo scorso maggio, debiti verso l'erario per venti milioni di euro. Contestata anche un'attività di spoliazione dei beni societari. Nel giro di tre anni e mezzo i finanzieri hanno quantificato distrazioni per circa 10 milioni di euro.

Parte di questi proventi sono stati trasferiti ingiustificatamente secondo la Finanza a due consulenti fiscali (A.C., 57 anni e M.A. di 60 anni), anch'essi indagati nella distrazione fallimentare e ora ristretti agli arresti domiciliari. Il nuovo amministratore della società consorziata hanno ricostruito i finanzieri è stato colpito da una misura interdittiva al pari di tre amministratori o procuratori speciali della consorziata e di dite subappaltatrici. Anche uno dei consulenti è ciociaro ed è stato colpito da una misura interdittiva. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, è stato ricostruito un volume di false fatturazioni per oltre 45 milioni di euro. I due ciociari coinvolti nell'operazione ribattezzata Dedalo sono assistiti dall'avvocato Nicola Ottaviani. Si attende ora la fissazione degli interrogatori di garanzia per ascoltare gli indagati.